"Fonte di fibre": claim o semplice trovata pubblicitaria?
Legislazione
"Fonte di fibre": claim o semplice trovata pubblicitaria?
Le indicazioni nutrizionali e sulla salute sono armonizzate a livello Comunitario. Un esempio di utilizzo improprio del claim "Fonte di fibre" associato ad una Farina di grano tenero "Tipo 1"
Premessa
Come ho affermato in più di un'occasione, il costante interesse - sia da parte dei consumatori sia dei produttori - nei confronti degli
alimenti salutistici/nutrizionali ha portato alla consapevolezza che più i
cibi sono
"raffinati", più s'impoveriscono da un punto di vista nutrizionale. Negli ultimi quattro anni si è pertanto assistito ad un incremento produttivo, da parte dei mugnai, di
farine sempre meno raffinate; prediligendo la
Tipo 1 alla
00, oppure
farine arricchite in fibre,
germe di grano o addirittura alla creazione di nuove linee produttive in cui la
farina di frumento tenero è miscelata con altri
cereali (
avena,
orzo, etc.)
Molte linee di prodotti/sfarinati salutistici, arricchiti di sostanze estratte per esempio dalle olive o dalla polpa dell'uva rossa, spingono verso un concetto di
farina leggermente differente e non più solo come semplice prodotto proveniente dall'abburattamento del frumento, bensì come
functional food (
alimento funzionale).
Giustamente, mutando le abitudini alimentari, i produttori si adattano alle nuove richieste/esigenze del mercato. In quest'ottica, è chiaro che si assista ad una sorta di competizione, volta alla produzione di nuove linee di sfarinati e l'obiettivo della
strategia del marketing aziendale è sempre più pressante, atta ad accaparrarsi una sempre maggiore
quota di mercato che, in parole semplici, si traduce in un maggior numero di professionisti interessati all'acquisto.
(fig.1 - Crusca di frumento ed avena)
(fig.2 - Grano spezzato)
(fig.3 - Triticum dicoccum e Grano Khorasan)
Correttezza delle informazioni veicolate dal messaggio pubblicitario
Come molto spesso accade nei settori in cui vi è un'estrema polverizzazione di aziende che producono lo stesso bene comune, la concorrenza è piuttosto serrata e pertanto la strategia del
messaggio pubblicitario, corretto ed al contempo accattivante, deve essere vincente in termini di vendite. Non voglio insegnare
strategie di marketing a nessuno (ci mancherebbe, non sono certo la persona più adatta in proposito), ma far semplicemente osservare che qualsiasi informazione deve essere trasmessa necessariamente nel rispetto della
normativa cogente e della correttezza scientifica.
Nella marea di messaggi più o meno simili, ma comunque quasi tutti irreprensibilmente corretti dal punto di vista legislativo-scientifico, vi sono però eccezioni o incipit creati su una deviata verità scientifica, al solo scopo di vendere il più possibile ed abbagliare il consumatore. Messaggi che talvolta rasentano palesi violazioni di normative, o addirittura il rischio di pesanti accuse come la
frode in commercio,
pubblicità ingannevole, ecc. se le
Autorità competenti prestassero maggior attenzione.
Il caso: farina di grano tenero Tipo 1 associata al claim "Fonte di fibre"
Specifico ciò perchè recentemente mi è capitato d'imbattermi in una
farina di frumento tenero (ripeto: semplice
farina.. non semilavorato, mix, preparato, ecc.) con la relativa scheda tecnica, che mi veniva proposta come lo sfarinato che avrebbe accompagnato il consumatore verso una panacea di benessere psico-fisico.
Sul sacco vi era riportata la denominazione:
"Farina di grano tenero Tipo 1", seguita da un messaggio pubblicitario che incitava al benessere ed il
claim:
"Fonte di fibre".
La scheda tecnica allegata recitava:
"Prodotto ottenuto dalla macinazione e dall'abburattamento di miscele di grani teneri (Triticum aestivum) pregiati, liberate dalle sostanze estranee e dalle impurità, adatto ad uso alimentare e conforme alla Legge 4 luglio 1967 n.580". Tra le diverse informazioni riportate, si leggeva: ceneri 0.85% e fibre 4.0 g/100g.
Ad una prima superficiale e poco attenta lettura, unita all'attenzione che in quel momento era posta alle parole del venditore (che tra l'altro stava facendo molto bene il proprio mestiere), tutto sembrava essere nella norma.
Dopo aver seguito con attenzione la spiegazione enfatizzata alla sola vendita, ecco l'obbiezione: << Mi scusi, ma - cortesemente - c'è qualche cosa che non capisco... >> A quelle semplici parole il venditore "collassava" su sè stesso allo stesso modo in cui l'impasto dei panettoni collassa negli immediati secondi dopo lo sfornamento. Si trattava di semplici domante tecniche che chiunque, spinto soprattutto dalla curiosità di capire cosa gli si stesse vendendo, avrebbe rivolto. Domande che si pongono ogni giorno in qualsiasi momento e settore, nell'istante in cui si desidera acquistare un bene e se ne vogliono conoscere le caratteristiche tecniche; da un'autovettura ad un frigorifero, da un televisore ad un paio di scarpe, ancor più poi se quel bene è enfatizzato come alimento inteso come sinonimo di benessere assoluto.
(fig.4 - Lievito di pasta acida naturale o "madre" sezionato)
(fig.5 - Pane ad alto contenuto di fibre)
Come prima cosa vorrei sottolineare e ribadire che il
benessere (o
"wellness") non può essere acquistato, poichè è uno stato - prima di tutto psico-fisico - che si raggiunge con una sana ed attenta alimentazione, un'attività fisica adeguata, abbinate ad una situazione mentale di ricerca interiore di amore e rispetto verso sè stessi. Il
benessere deve essere ricercato prima di tutto nella propria psiche ed interiorità e non ha prezzo, ma è determinato dalla consapevolezza di voler raggiungere un perfetto equilibrio psico-fisico di mente e corpo garantito da un'alimentazione adeguata.
Esame alla luce della normativa cogente di riferimento
Premesso ciò e tornando alla nostra farina, la prima cosa che balza all'occhio è la citazione di una Legge che, per quanto riguarda le farine destinate al commercio e la loro denominazione di vendita, è stata abrogata da ormai una decina di anni e sostituita dal
DPR 187/2001 in particolare proprio la parte riguardante gli sfarinati. Otto articoli della
580/1967 (dall'art.6 al art. 13) sono stati appunto sostituiti dal
DPR 187/2001 e pertanto è quest'ultimo
DPR che deve essere citato, non la
580/1967.
Un altro punto non proprio conforme alla normativa riguarda la denominazione di vendita: l'art. 1 comma 3 del
DPR 187/2001 riporta le caratteristiche legali che devono avere i
tipi di farina e pertanto la
Tipo 1 deve avere al massimo 0.80% di
ceneri su 100 g di
sostanza secca e non 0.85% come riportato. Con lo 0.85% di
ceneri su 100 g di
sostanza secca la farina dovrà essere commercializzata con la dicitura
Farina di grano tenero di Tipo 2 e non
Farina di grano tenero Tipo 1.
A mio avviso, però, la questione più importante riguarda l'uso improprio e leggermente fuorviante del
claim (i.e.
indicazione nutrizionale)
"Fonte di fibre". L'utilizzo di questa dicitura in etichetta è consentito solo se il prodotto in questione rispetta determinati paramenti nutrizionali legali e riportati nella normativa che regola le informazioni nutrizionali: il
Reg. (CE) 1924/2006, il
Reg. (UE) 432/2012 - che va ad integrarsi alla normativa nazionale - il
D.Lgs. 16 febbraio 1993 n°77, il
Reg. (CE) 1047/2012, il
Reg. (CE) 1169/2011 e successive modifiche o integrazioni, relativo alle modalità di predisposizione della tabella nutrizionale, che deve obbligatoriamente figurare sui prodotti che recano tali indicazioni.
Indicazioni nutrizionali e sulla salute ed il claim "Fonte di fibre"
I
claim nutrizionali autorizzati a livello Comunitario sono stati individuati sulla base di un processo di selezione condotto dalla Commissione Europea in collaborazione con l'
European Food Safety Authority (
EFSA). I
claim nutrizionali attestano, sostanzialmente, che un alimento possieda determinate proprietà nutrizionali legate al valore energetico e/o contenga particolari sostanze nutritive o di altro tipo. Essi possono essere riportati sull'imballaggio e/o sull'etichetta del prodotto e sulla relativa pubblicità informativa.
Per quanto riguarda le condizioni generali di utilizzo dei
claim nutrizionali, il
Reg. (CE) 1924/2006 precisa che essi:
• Non devono essere falsi, ambigui o fuorvianti;
• Non devono incoraggiare consumi eccessivi del cibo;
• Non devono far nascere o sfruttare timori nei consumatori;
• Devono essere comprensibili per il consumatore medio, in altre parole per quello che la giurisprudenza comunitaria ha definito come "normalmente informato, ragionevolmente attento e cauto".
• Devono essere formulati sulla base di prove scientificamente accettate, rese disponibili alle Autorità competenti dei controlli se richiesto, tenendo conto di tutti i dati scientifici disponibili e valutando gli elementi di prova.
Conclusioni
L'utilizzo del
claim "Fonte di fibre" è pertanto consentito solo se conforme alla quantità riportata nell'Allegato - Claims Nutrizionali contemplati dal
Reg. (CE) 1924/2006 nel quale si riporta quanto di seguito:
"Fonte di fibre: L'indicazione che un alimento è fonte di fibre e ogni altra indicazione che può avere lo stesso significato per il consumatore sono consentite solo se il prodotto contiene almeno 3 g di fibre per 100 g o almeno 1,5 g di fibre per 100 kcal."Pertanto, in virtù di tutte le disposizioni di legge nazionali e Comunitarie mi sorge una domanda lecita: com'è possibile che una "comune" (mi scuso per la riduttiva ed estrema semplificazione del termine utilizzato!)
farina di frumento tenero commercializzata con la dicitura
farina di frumento tenero Tipo 1 e destinata alla panificazione possa avere naturalmente un contenuto di fibre di 4g/100g come riportato nella scheda tecnica allegata e quindi sfruttare il
claim Fonte di fibre?
Miracoli della natura/scienza, oppure informazione un poco...?