Report, la pizza e i pizzaioli
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Report, la pizza e i pizzaioli
Non bruciamo la professionalità: aiutateci a tutelare la pizza e i pizzaioli. Il punto di vista della Dott.ssa Simona Lauri - Tecnologo Alimentare, Panificatore.
In questi giorni l'argomento su tutte le testate nazionali sembra essere proprio la pizza. Se da una parte fa piacere che se ne parli, perchè rappresenta il nostro lavoro, vita, passione e simbolo di italianità; dall'altra forse si utilizza troppo spesso (insieme al pane) come strumento fazioso, tendenzioso, politico, d'interesse personale o di partito, atto a screditare e diffamare la categoria oltre a scatenare polemiche fini a sè stesse, che la maggior parte delle volte rasentano l'assurdo.
E' chiaro che la trasmissione Report, andata in onda Domenica 5 Ottobre 2014 su RAI 3, abbia suscitato non poche polemiche, ma questo era l'intento. Lunedì mattina è incominciato l'attacco alla conduttrice ed alla trasmissione più in generale da parte di quasi tutte le testate giornalistiche, reti televisive comprese.
Accuse di strumentalizzazione politica, attacco ingiustificato alla pizza, sfacciata pubblicità ad una nota marca di forni, demonizzazione dei forni a legna in favore di quelli elettrici, accanimento verso tutta una categoria, screditamento delle sole pizzerie di Napoli e non di quelle del Nord, etc. sono stati soltanto alcuni degli ingiustificati polveroni sollevati e dei fuochi accesi (giusto per restare in tema), a mio parere per nulla.
Personalmente, da addetta del settore, vorrei limitarmi ad analizzare la puntata esclusivamente da un punto di vista di verità scientifiche, lasciando il resto (le polemiche e quant'altro) ad altri e ad altre sedi; poichè quest'aspetto - con tutto il rispetto - non m'interessa assolutamente.
Ritengo che la trasmissione abbia messo in luce molte verità e ciò che è stato evidenziato non è colpa dei forni a legna, ma di qualche Operatore per nulla professionale.
E' stato finalmente mostrato come in una città, che dovrebbe rappresentare il nostro fiore all'occhiello nel Mondo e per giunta in alcune delle più note pizzerie, non ci sia un minimo di cultura, nè tantomeno di professionalità e chi dovrebbe in teoria controllare... Beh, diciamo che "pensa alla salute"... la propria; non entrando e non mangiando in quelle pizzerie.
La pizza, così come la carne o qualsiasi altro alimento cotto a contatto diretto con una fiamma viva (come avviene ad esempio nelle grigliate tanto in voga oggigiorno), se va a contatto con la fiamma, subisce un processo di carbonizzazione; vengono cioè a crearsi zone visivamente nere e non commestibili. La non commestibilità è data non solo dal fatto che al gusto si presentano amare, ma dal complesso delle reazioni chimico-fisiche che sviluppano prodotti cancerogeni: dalla presenza d'idrocarburi, acrilammide, ecc.
(fig.1 - Forno a Legna)
(fig.2 - Pizza)
Disponendo di un'adeguata cultura in proposito, preparazione professionale ed abilità tecniche irreprensibili (anche se purtroppo non era il caso dei pizzaioli intervistati, pressapochisti e con una scarsa attitudine alla pulizia), tutto ciò si evita; salvaguardando la salubrità dell'alimento e conseguentemente tutelando il consumatore, oltre alla professionalità dell'intera categoria.
Non parliamo poi della mancanza della più elementare cultura generale riferita alle comuni materie prime utilizzate nel servizio (olii, tipologie di farine, farina rinforzata, maturazione della massa, tempi di fermentazione, etc.)
E' stata mostrata la realtà di Napoli, anche se - purtroppo - sono convinta che ne esistano uguali nel resto di Italia. Quella realtà che da anni gli stessi operatori del settore stanno combattendo con tenacia e determinazione. La pizza e "quelle" pizzerie, il pane e "quelle" panetterie (abusive e non) sono la piaga dell'intera categoria.
Da anni la stiamo combattendo e fa piacere quando qualche trasmissione lo grida al Mondo; il contrario invece quando, come si suol dire, si fa di tutta un'erba un fascio. L'intera categoria dei professionisti onesti, pizzaioli napoletani compresi, si ribella; le persone serie, leali, rispettose delle leggi, colte, che fanno prodotti di eccellenza, che hanno locali meravigliosi, giustamente s'indignano e si arrabbiano vedendo certe cose.
Si ribellano perchè il messaggio che giunge ai consumatori è quello che tutti siano così sporchi, cialtroni e ignoranti (nel senso latino del termine); si ribellano non per la trasmissione in sè, quanto contro i loro stessi colleghi che infangano la categoria, la loro onestà e professionalità.
Conosco di fama tutti gli specialisti intervistati nel corso della trasmissione: il Prof. Perin, Celletti, Volta, Berrino, Lercker e devo dire che ciascuno di loro rappresenta l'eccellenza del rispettivo settore. Mi permetterei soltanto di fare una piccolissima precisazione tecnica, rivolta sia alla conduttrice, sia al Dott. Volta e a Berrino, quando - nel corso della loro dissertazione - hanno citato il glutine e la stretta correlazione con la Farina Tipo 00.
(fig.3 - Focaccia su pala in fase di cottura)
(fig.4 - Farina di Mais e Mais Finissima, Semola di Grano Duro, Farina di Grano Tenero, Grano Spezzato, Farina di Farro e Crusca di Frumento)
E' vero che molte patologie, tra le quali proprio la celiachia, intesa come enteropatia immunomediata dall'ingestione di prodotti contenenti glutine in soggetti geneticamente predisposti, sono scatenate dalla presenza del glutine, ma è altrettanto vero che la struttura glutinica è formata da un complesso sistema di proteine insolubili monomeriche e polimeriche, che non dipende dal grado di abburattamento delle farine (i.e. Tipo 00, 0, 1, 2 o integrale), bensì dalle cultivar di frumento, dalle condizioni climatiche, dalla concimazione del terreno, dai fitofarmaci eventualmente impiegati, dal genoma varietale, ecc.
Non è pertanto corretto, a mio parere, sostenere in assoluto che una Farina Tipo 00 abbia più glutine di una Tipo 0. Nel caso l'abbia, è proprio perchè il glutine è stato addizionato a posteriori e di proposito! Il problema è pertanto un altro: nessuno ha considerato, nè menzionato, il fatto che le farine possano contenere glutine aggiunto non naturale.
La Legge consente l'additivazione volontaria di glutine secco (DM 351/94) da parte dei mugnai, la cui quantità, sommandosi a quella naturale, può sicuramente contribuire a tutte le patologie menzionate (celiachia compresa).
E' vero, non ci sono studi che attestino la correlazione diretta tra l'additivazione volontaria di glutine secco nelle farine e l'insorgenza di patologie, ma sinceramente il sospetto viene; soprattutto perchè la Legge è del 1994 e, guarda caso, proprio in quest'ultimo decennio sono aumentati esponenzialmente i casi di allergie, intolleranze, ecc.
Da un punto di vista prettamente tecnico-scientifico la trasmissione è stata corretta, a parte la disquisizione (non certo scientifica) di Roversi sul lievito madre e sull'unico modo ammissibile di lavorare un impasto per pizza.
Personalmente ritengo che, la puntata abbia evidenziato, come la maggior parte dei professionisti pizzaioli intervistati, siano improvvisati e che non abbiano la benchè minima idea di che cosa sia la maturazione e la fermentazione e sia convinta che la bontà di una pizza sia in correlazione inversa con il tempo di lievitazione.
E' la poca, per non dire inesistente, cultura tecnica degli operatori filmati che rovina il settore e l'immagine del pizzaiolo, perchè purtroppo il consumatore medio tende a generalizzare, pensando che siano tutti quanti così.
Ben vengano, pertanto, queste trasmissioni se servono alla categoria per crescere e se contribuiscono a "smascherare" i cialtroni e chi danneggia un intero settore, a sbugiardare i falsi, coloro che s'improvvisano pizzaioli (chi si improvvisa in generale!) e tutti coloro i quali pensano che fare la pizza sia una cosa semplice, veloce e che non richiede nè cultura nè scuola, ma solo una buona fornitura di pomodoro cinese e mozzarella tedesca.
Purtroppo le mele marce sono in tutti i settori, ma la pizza e la stragrande maggioranza dei pizzaioli italiani sono e restano l'eccellenza del nostro professionismo nel Mondo.