Salve a tutti.
Con l'entrata in vigore dell'art.9 del Regolamento (CE) 1169/2011 gli OSA devono fare i conti, letteralmente, oltre che con le modalità di espressione dei valori nutrizionali, con i limiti di tolleranza che le Autorità terranno in considerazione in sede di eventuali controlli ufficiali.
La circolare del 16/06/2016 del Ministero della Salute, "Linee guida sulle tolleranze analitiche applicabili in fase di controllo ufficiale", riporta tali valori di tolleranza.
La tabella riporta tolleranze diverse a seconda della quantità (per 100g) del nutriente preso in esame.
Per quantità basse (<10 g) la tolleranza è di ± 1,5g (per i grassi) e ± 2g (per carboidrati e proteine), senza esaurire qui le casistiche degli altri nutrienti.
Per una quantità, diciamo, di 3g di proteine, sono consentiti valori estremi di 1g e di 5g. Una buona tolleranza insomma.
Spostandosi però nel range 10-40 g, sia per grassi, proteine, carboidrati, zuccheri, fibre, la tolleranza è di ± 20%.
Con una quantità d'esempio di 15g di grassi avremmo valori estremi massimi di 12g e di 18g.
La mia perplessità è la seguente: non si rischia, per prodotti che hanno subito una minima trasformazione, composti da un paio di ingredienti soltanto, magari con una lavorazione di tipo artigianale, di uscire facilmente da tali limiti di tolleranza?
Mentre per un prodotto industriale che segue una rigida formulazione, stabile nel tempo, forse il problema è minimo, per altri tipi di prodotti dei limiti così stretti possono diventare problematici.
Aggiungiamo la variabilità della materia prima data da fattori stagionali, climatici, e il gioco è fatto.
Che ne pensate?
Grazie