Caro longobardo, malgrado, dal punto di vista patriottico, tenderei ad essere d'accordo con trentino, la faccenda è un po' più complessa.
A quanto mi risulta l'utilizzo delle menzioni "made in Italy" et similia è tutt'ora regolamentato dal decreto-legge 135/09 convertito in legge dalla legge 166/09 e precisamente dall'articolo 16:
1. Si intende realizzato interamente in Italia il prodotto o la merce, classificabile come made in Italy ai sensi della normativa vigente, e per il quale il disegno, la progettazione, la lavorazione ed il confezionamento sono compiuti esclusivamente sul territorio
italiano.
...
italiano.
...
4. Chiunque fa uso di un'indicazione di vendita che presenti il prodotto come interamente realizzato in Italia, quale "100% made in
Italy", "100% Italia", "tutto italiano", in qualunque lingua espressa, o altra che sia analogamente idonea ad ingenerare nel
consumatore la convinzione della realizzazione interamente in Italia del prodotto, ovvero segni o figure che inducano la medesima fallace convinzione, al di fuori dei presupposti previsti nei commi 1 e 2, e' punito, ...
Italy", "100% Italia", "tutto italiano", in qualunque lingua espressa, o altra che sia analogamente idonea ad ingenerare nel
consumatore la convinzione della realizzazione interamente in Italia del prodotto, ovvero segni o figure che inducano la medesima fallace convinzione, al di fuori dei presupposti previsti nei commi 1 e 2, e' punito, ...
Sul fatto che il Made in Italy prescinda dall'origine della materia prima, addirittura nel caso di prodotti IGP mi ero già espresso tempo fa.
Recentemente l'argomento è stato ripreso da un articolo del Fatto Alimentare.
Non condividendo le conclusioni dell'amico Dario Dongo, gli ho sottoposto la seguente nota (rimasta per ora senza risposta):
Caro Dario, l'argomento toccato dall'articolo Made in Italy: solo il produttore garantisce che gli alimenti siano fatti davvero nel nostro Paese mi interessa.
In varie occasioni ho sempre affermato che sia l'uso della menzione "Made in Italy" sia quello delle successive, esemplificate al comma 4 della legge 166/09, prescinde dall'impiego di sole materie prime di origine italiana. Ciò è pacifico per la prima menzione (ex comma 1) e su questo siamo d'accordo.
Al contrario, tu affermi che l'italianità delle materie prime sia necessaria per le menzioni del comma 4, in quanto tali menzioni "postulano" tale italianità. A me non pare sia così, per due ragioni:
- Il comma 4 utilizza i termini "realizzato" e "realizzazione" i quali, mentre ben sintetizzano le quattro attività del comma 1 ( il disegno, la progettazione, la lavorazione ed il confezionamento ), non ritengo possano in alcun modo coinvolgere l'origine delle materie prime.
- Lo stesso comma 4 prevede l'uso fallace delle citate menzioni solo se queste vengono impiegate "al di fuori dei presupposti previsti ai commi 1 e 2", così ricadendo in quanto già affermato in precedenza per la menzione "Made in Italy".
Conclusione: se sono rispettate le condizioni della norma citata, la miscela di formaggi (secondo me, naturalmente) può vantare il Made in Italy (beninteso a condizione che non vi siano menzioni che esprimano o comunque inducano il consumatore a credere che TUTTI i formaggi utilizzati siano realizzati in Italia).
saluti
alf