Aranciate e disinformazione

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Oggetto: Aranciate e disinformazione

Ho più volte sottolineato i pericoli della cattiva informazione (causata da ignoranza o malafede) e quanto sia importante che i tecnologi alimentari siano in grado di individuarla e combatterla.

Lo spunto per ritornare sull'argomento mi è offerto da questo articolo.

I temi sollevati sono due.

Il primo riguarda la proposta di aumentare il contenuto minimo di succo di arancia nelle aranciate (oggi previsto al 12 %; il 5% indicato è palesemente, o almeno spero, un mero errore di battitura).

Evidenti e facilmente comprensibili gli interessi in gioco (le “n.d.a.” sono mie)

L'Industria:

Le ricette dell'aranciata ''sono state studiate, messe a punto e testate nel corso di anni ed una variazione della ricetta può comportare un cambiamento nel gusto della bevanda che il consumatore puo' non riconoscere (argomento debole – n.d.a) e quindi non accettare''. E ancora ''Ai supposti vantaggi economici per i produttori di frutta conseguirebbero svantaggi per le imprese (argomento forte – n.d.a.) e per i consumatori per i quali non ci sarebbe alcuna ricaduta positiva in tema di salute''.

Gli agricoltori:

...un'iniziativa che rappresenta una rivoluzione culturale in fatto di stili di vita alimentari (argomento debolissimo – n.d.a.) oltre che un modo per promuovere l'agricoltura italiana (adesso ci siamo! - n.d.a.).

La vera disinformazione, però, la troviamo nella parte conclusiva dell'articolo, nella quale non saprei dire se prevalga l'ignoranza o la malafede:

Con la proposta della maggioranza si cerca finalmente di cambiare una norma che permette di vendere l’acqua come fosse succo sulla base di una normativa del 1961 con la quale si prevede che le bevande al gusto di agrumi possono essere colorate a condizione che contengano appena il 12 per cento di succo di agrumi vero.

Per capire bene di cosa si stia parlando occorre fornire qualche dettaglio.

La normativa del 1961 è la seguente:

L. 3.4.61 n. 286 - Art. 1

Le bevande analcoliche vendute con denominazioni di fantasia, il cui gusto ed aroma fondamentale deriva dal loro contenuto di essenze di agrumi, o di paste aromatizzanti di agrumi, non possono essere colorate se non contengono anche succo di agrumi in misura non inferiore al 12 per cento.

Si è tentato di abrogare tale norma, che costituisce per i produttori italiani un esempio di “protezionismo alla rovescia” (ne ho parlato in una precedente discussione ed in un mio articolo) per ben due volte (Comunitaria 2007 e 2008), ma senza successo (segno che le attività lobbistiche non stanno da una parte sola...).

Cosa c'entra tutto ciò con le “aranciate”?

Nulla.

Altra è la normativa che regola questo prodotto (D.P.R. 19.5.58 n. 719 Regolamento per la disciplina igienica della produzione e del commercio delle acque gassate e delle bibite analcooliche gassate e non gassate confezionate in recipienti chiusi):

Art. 4

Le bibite analcoliche, vendute con il nome di uno o più frutta a succo (quali l'uva, l'arancio, il limone, il mandarino, la ciliegia, il lampone, la pesca e simili) o recanti denominazioni che a tali frutta si richiamino, debbono essere preparate con il succo naturale concentrato o liofilizzato o sciroppato del frutto o delle frutta di cui alla denominazione.

Le bibite di cui al presente articolo debbono avere, per ogni 100 cc., un contenuto di succo naturale non inferiore a gr 12 o della quantità equivalente di succo concentrato o liofilizzato o sciroppato.

(Naturalmente, anche nel 2007/2008, la disinformazione regnò sovrana: il titolo ricorrente era “NO all'aranciata senza arance!” )

Quindi, dato che la proposta di legge da cui siamo partiti si riferisce alle aranciate (ex DPR 719/58) e non alle bevande di fantasia (ex L 286/61), cosa c'entra la “normativa del 1961”? Nulla (a meno che si voglia portare "anche" le bevande di fantasia al 20 %, ma questo sarebbe un po' troppo...)

Ignoranza? Malafede? Fate voi. Di sicuro, disinformazione allo stato puro.

 



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Parole chiave (versione beta)

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