Assenza di etichetta su prodotto

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Oggetto: Assenza di etichetta su prodotto

In merito alle modalità di etichettatura presenti principalmente nei punti vendita delle grandi catene di distribuzione, spero possano risultare interessanti queste considerazioni.

 Preconfezionato o preincartato: chi ha ragione?

 Per avere un quadro il più possibile chiaro delle differenti posizioni, è utile, innanzitutto, partire dalle due interpretazioni della legge:

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

La Corte di Cassazione, richiamando sue precedenti pronunce, ha ribadito che la differenza tra prodotto alimentare “preconfezionato” e prodotto “preincartato” va individuata facendo riferimento alle caratteristiche dell’imballaggio stesso, senza che abbia rilevanza il luogo di confezionamento. Secondo i giudici infatti, considerando l’esigenza primaria di tutela del consumatore che deve essere posto in grado di conoscere il termine minimo di conservazione/data di scadenza, la definizione di “prodotto alimentare preconfezionato” deve essere attribuita alle unità di vendita che presentano le caratteristiche contenute nel comma 2, lett. b) dell’art. 1 del decreto legislativo 109/1992:

# destinazione ad essere presentato “come tale” cioè senza ulteriori manipolazioni e modifiche di contenuto o di confezionamento al consumatore;

# inclusione, avvenuta prima della presentazione alla vendita, del prodotto alimentare in un imballaggio;

# attitudine dell’imballaggio ad impedire modifiche del contenuto, se non attraverso l’apertura o l’alterazione della stessa confezione.


MINISTERO DELL’INDUSTRIA

Come è noto, sono state emesse, negli anni, alcune circolari in proposito:

CIRCOLARE 27 aprile 1993, n.140 – Decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109. Etichettatura dei prodotti alimentari. Sentenza n. 401/92 della Corte costituzionale:

Allo scopo di evitare comportamenti difformi da parte degli operatori interessati e da parte degli organi di vigilanza e di controllo si ritiene utile precisare quanto segue: ... Prodotto preincartato. Non e' solo il prodotto semplicemente avvolto da un involucro, ma anche il prodotto che risponde alla definizione di prodotto preconfezionato purche' le relative operazioni di preconfezionamento e vendita al consumatore avvengano nello stesso punto di vendita. Ad esso si applicano le regole previste all'art. 16 del decreto n. 109.

Circ. MININDUSTRIA 31.3.00 n.165 - Linee guida relative al principio della dichiarazione della quantità degli ingredienti (art. 8 del D. L.vo n. 109/1992) nonché ulteriori informazioni per la corretta applicazione delle disposizioni riguardanti l'etichettatura dei prodotti alimentari:

La definizione di prodotto preincartato, peraltro non prevista dalla Dir. n. 79/112, è stata introdotta allo scopo di precisare gli adempimenti di etichettatura conseguenti all'attività di confezionamento negli esercizi di vendita, per la consegna diretta all'acquirente o per la vendita a libero servizio. I prodotti alimentari confezionati a tali condizioni, siano essi ermeticamente chiusi o sigillati, siano essi semplicemente avvolti dall'involucro, sono considerati "non preconfezionati" ai fini dell'etichettatura e, pertanto, ricadenti nel campo di applicazione dell'art. 16 del D. L.vo n. 109/92.

Circ. MI.A.P.10.11.03 n. 168 Etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari:

Prodotti venduti sfusi. L'art. 16 del decreto n. 109/1992, nel testo originario, prevedeva per i prodotti preincartati l'uso del cartello con un limitato numero di indicazioni obbligatorie. Nell'attività di vigilanza sono stati seguiti comportamenti non sempre coerenti, contestando la mancata indicazione di altre diciture che la norma non prescriveva espressamente, quale la data di scadenza. Nel concetto di prodotto preincartato rientrava, secondo la definizione data all'art. 1, qualsiasi operazione di incarto e di preconfezionamento sul luogo di vendita, così come previsto dalla Dir. n. 79/112 all'art. 12 (art. 14 della Dir. 2000/13) per le quali gli Stati membri potevano prevedere regole meno severe. Per superare le difficoltà sorte, soprattutto a seguito della recente sentenza della Corte di cassazione, il comma 1 dell'art. 16 del decreto n. 109/1992 è stato modificato attraverso l'indicazione dettagliata dei casi in cui si applicano le disposizioni di tale articolo, tra cui figurano "i prodotti preconfezionati destinati alla vendita immediata" nell'esercizio ove sono stati preparati. Si tratta di preimballaggi a tutti gli effetti, ma con la peculiarità della destinazione alla vendita immediata, assimilati, quindi, ai prodotti sfusi. Relativamente alla dicitura "vendita immediata", si precisa che essa significa "vendita a libero servizio" senza la presenza di un addetto.

La questione, a quanto pare, ruota attorno all’art. 16 del D.to Leg.vo 109/92:

Art. 16 Vendita dei prodotti sfusi 1. I prodotti alimentari non preconfezionati o generalmente venduti previo frazionamento, anche se originariamente preconfezionati, i prodotti confezionati sui luoghi di vendita a richiesta dell'acquirente ed i prodotti preconfezionati ai fini della vendita immediata, devono essere muniti di apposito cartello, applicato ai recipienti che li contengono oppure applicato nei comparti in cui sono esposti.

e all’art. 14 della direttiva 2000/13/CE del 20 marzo 2000:

Articolo 14 Per i prodotti alimentari non presentati in imballaggi preconfezionati per la vendita al consumatore finale ed alle collettività o per i prodotti alimentari confezionati nei luoghi di vendita a richiesta dell'acquirente o preconfezionati ai fini della vendita immediata, gli Stati membri adottano le modalità secondo le quali devono essere fornite le indicazioni di cui all'articolo 3 e all'articolo 4, paragrafo 2. Purché sia garantita l'informazione dell'acquirente, gli Stati membri possono non rendere obbligatorie tali indicazioni o alcune di esse.

Le due categorie che ci interessano, e che sono definite in modo identico dai due testi, sono:

a) i prodotti confezionati sui luoghi di vendita a richiesta dell'acquirente

b) i prodotti preconfezionati ai fini della vendita immediata

Dunque, ai prodotti confezionati (non preconfezionati, attenzione!) della categoria a) è possibile attribuire senza problemi la definizione di “preincartati” (l'unità di vendita costituita da un prodotto alimentare e dall'involucro nel quale è stato posto o avvolto negli esercizi di vendita).

Le condizioni da rispettare sono due:

# devono essere preparati nei luoghi di vendita

# a fronte di una richiesta dell’acquirente.

Esempio tipico: il cliente si avvicina al banco, chiede al venditore un determinato prodotto (precisando, si suppone, quantità e tipologia), chiede, se del caso, altre eventuali informazioni (che si presume il venditore sia in grado di fornire), ritira la confezione, paga e se ne va.

I problemi ( e le denunce degli Organi di Controllo) si riferiscono ai prodotti della categoria b).

Innanzitutto si tratta di prodotti preconfezionati e quindi, in assenza di altre indicazioni, scatterebbe l’obbligo di fornire, come dice la direttiva, le indicazioni di cui all'articolo 3 e all'articolo 4, paragrafo 2 (ad esempio, TMC/data di scadenza). L’unico elemento di deroga è la vendita immediata, ed è su questo aspetto che dobbiamo soffermarci.

Nella Circolare 168/03 si legge: Relativamente alla dicitura "vendita immediata", si precisa che essa significa "vendita a libero servizio" senza la presenza di un addetto.

E ancora, scriveva il dott. De Giovanni ( già Dirigente Ministero Attività Produttive) a commento di una delle sentenze di cui ci stiamo occupando (CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Sez. I. civ. Sent. n. 10533/00 R.G.N., ud. 23.5.02, Pres. Saggio, est. Magno):

Nel terzo caso [prodotti preconfezionati ai fini della vendita immediata] è il venditore stesso che, nei ritagli di tempo, prepara le stesse confezioni di cui al precedente caso [prodotti confezionati sui luoghi di vendita a richiesta dell'acquirente] e le pone sul banco di vendita a disposizione dell'acquirente che va di fretta e non intende fare file. L'approccio è lo stesso. In ogni caso, poiché tra acquirente e venditore, v'è colloquio, ci si parla, si chiedono informazioni, il concetto dell'assenza dell'acquirente previsto nella definizione di prodotto preconfezionato è praticamente ininfluente.

L’elemento che a questo punto ci interessa è: l’assenza dell’addetto. Ma se ciò caratterizza i prodotti b), non possiamo non domandarci come sia possibile parlare, colloquiare, chiedere informazioni… Di fatto, come ormai è noto a tutti, nella maggioranza dei luoghi di vendita i prodotti di cui ci stiamo occupando giacciono in aree assolutamente prive di addetti (quindi, anche volendo, il cliente non avrebbe con chi colloquiare). Viene quindi a mancare il requisito previsto dalla Direttiva per omettere alcune indicazioni, vale a dire la garanzia dell'informazione all'acquirente e quindi (ovviamente, a mio sommesso parere) il prodotto b) torna ad essere a tutti gli effetti un prodotto preconfezionato tout court.

Tutto ciò premesso, va osservato che da entrambe le parti viene auspicata una riformulazione dell’articolo 16.

Scriveva, infatti, il dott. De Giovanni, nel già citato commento: per evitare che l'indirizzo giurisprudenziale in materia possa avere delle conseguenze serie per gli operatori interessati, il citato articolo 16, comma 1, del decreto legislativo 109/92 andrà riformulato in modo diverso e più chiaro, senza alcun riferimento al prodotto preincartato, ma riportando un espresso riferimento alla tipologia di prodotti suddetti ed in tal senso occorre un impegno preciso da parte dei Ministeri interessati, in particolare di quello delle attività produttive.

Da allora molti anni sono passati: non ci resta che attendere.


 



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Parole chiave (versione beta)

preconfezionato, prodotto, prodotto alimentare, confezionamento, decreto legislativo 27 gennaio 1992 n 109, consumatore, imballaggi, confezione, data scadenza, controllo, legge, quantita, legislativo, preimballaggio, regolamento ue n 10 2011, tmc data scadenza, termine minimo conservazione, pubblicita prodotti alimentari, alterazione alimenti, ingrediente, requisiti

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