Autocontrollo: registrazioni per piccoli esercizi

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Oggetto:

Ciao Fabarr non ti preoccupare non ho frainteso e nemmeno ho visto nei tuoi interventi una provocazione, è solo che io come altri utenti del forum cerchiamo di informare (mi sembra che sia questo lo scopo principale di un forum) sulla base delle proprie conoscenze ma poi ovviamente sta ad ognuno decidere cosa fare ed applicare nella singola realtà quanto emerge dalle discussioni.

Apprezzo la tua linea di pensiero che vede il piano di autocontrollo come un qualcosa di utile ed operativo, basta al classico tomo da lasciare a prendere la polvere in ufficio, la penso esattamente come te!. Nel caso specifico posso comunque dire che il fatto di avere come cliente un piccolo operatore alimentare non vuol dire che noi professionisti siamo giustificati a non prendere in cosiderazione nella redazione dei piani di autocontrollo aspetti normati e controllati come il caso specifico della frittura. Cosa succederebbe se al ns cliente capitasse un controllo Uls come quello dei casi che ho riportato (tutti riguardanti piccolissime realtà!)? I tecnici non andrebbero a verificare cosa è riportato nel piano di autocontrollo? Sono sicuro che saremmo noi in primis accusati dall'operatore di negligenza nel nostro lavoro, allora secondo me la cosa corretta è informare e sensibilizzare l'operatore sulla tematica (come su altre ovviamente) poi sta a lui applicare o meno, per le più svariate motivazioni, quanto è stato da noi evidenziato.

Spero di essere stato abbastanza chiaro, per qualsiasi cosa cmq rimango a tua disposizione anche per un contatto privato.

ciao!

Alfredo


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Oggetto: Autocontrollo: registrazioni per piccoli esercizi
provaprovaprovaprovaprova

Oggetto:

Io parlo della mia realtà e quindi mi baso esclusivamente su quella: credo che prevedere un test del genere significherebbe un SICURO rifiuto da parte del responsabile dell'autocontrollo che già sono tartassati di lavoro per una normativa che, a parer mio, è troppo intransigenze per quanto riguarda piccole realtà che hanno a che fare con l'utilizzatore finale. Per applicare ALLA LETTERA la normativa ci vorrebbe una persona addetta solo a quello, cosa che naturalmente il piccolo esercizio non può assolutamente permettersi. Naturalmente diverso il caso di un'azienda di trasformazione anche di piccole dimensioni che si occupa della produzione di un alimento come un caseificio, un macello o via del genere.

 


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Oggetto:

 

Salve a tutti,  ^__^
 
apprezzo il clima costruttivo mantenuto fino ad oggi e mi complimento con coloro che hanno dato vita a questa discussione, per il rispetto reciproco dimostrato. Reputo, infatti, che il rispetto delle opinioni altrui sia alla base della Società civile ed evoluta a cui tutti dovremmo ambire.
 
Premesso ciò, direi che, personalmente, mi trovo più in accordo con la posizione di gris.a: ritengo infatti che la semplificazione per le piccole realtà sia un aspetto di fondamentale importanza, ma considero altrettanto importante il rispetto della Normativa cogente.
 
Il Tecnologo Alimentare, sia esso interno all'azienda, oppure un consulente esterno, dovrebbe adoperarsi proprio in questo senso: riuscire a far coesistere la massima semplificazione nella gestione del Piano d'Autocontrollo, senza mai venir meno, però, all'aspetto fondamentale, ossia la sicurezza igienico-sanitaria dei prodotti alimentari e la conseguente salute del consumatore.
 
Il fatto di eliminare nella sua interezza un controllo, soltanto in virtù della scarsa praticità/economicità, reputo sia concettualmente errato. Lo trovo più una scappatoia, tra l'altro poco sensata, che non un rimedio vero e proprio.
 
La vera semplificazione viene introdotta dal Professionista a seguito di studi condotti sul campo e ricerche (ad esempio consultando la Letteratura Scientifica, oppure prendendo contatti con enti autorevoli come la Stazione Sperimentale per l'Industria delle Conserve Alimentari).
 
L'obiettivo dovrebbe essere sempre la creazione di procedure "snelle", mantenendo però immutati (meglio ancora accrescendoli!) gli standard di sicurezza.
 
Vi faccio un esempio pratico (perdonate la banalità ma a quest'ora è l'unico che mi viene in mente): la sanificazione in fase operativa (ossia durante la lavorazione) delle lame utilizzate per sezionare un alimento.
 
La pulizia avviene con panno-carta monouso, per rimuovere grasso e residui alimentari, impregnato con opportuno sanificante a base alcolica ed il successivo inserimento in armadio UV per un tempo prestabilito. Trattasi di una procedura che:
  • richiede tempo: soprattutto il passaggio in armadio UV;
  • spesso non sortisce l'effetto auspicato: la radiazione ultravioletta risulta scarsamente efficace se non vengono accuratamente rimossi i residui organici, che fungono da protezione per la carica microbica eventualmente ancora presente sulle lame;
  • richiede un'opportuna formazione (ma soprattutto un efficace controllo!) del personale: quest'ultimo punto, in particolare, rappresenta spesso l'anello debole quando ci si occupa di sicurezza igienico-sanitaria;
Ora, nessuno di noi per queste difficoltà oggettive si sognerebbe di eliminare la summenzionata fase operativa.
 
Generalmente ci si siede ad un tavolo, meglio se con i Responsabili Produzione e Pulizie e si riflette su come ottenere lo stesso (o un migliore) livello d'igiene delle lame, semplificando la vita degli operatori.
 
Nel caso specifico, si è ricorsi ad una macchina già presente in Reparto, una lavastoviglie industriale, semplicemente riadattandone il ciclo di lavaggio (ossia prevedendo la corretta alternanza di acqua calda, sanificante e risciacquo) e procedendo con la successiva validazione, attuata sulla base dei tamponi superficiali pre e post lavaggio.
 
A questa prima tipologia di semplificazione, che definirei "chirurgica" o "puntiforme", ossia attuabile internamente all'azienda, analizzando caso per caso; si contrappone quella "in senso lato". Quest'ultima non è attuabile se non concepita e disposta a livello istituzionale, ossia attraverso la Legislazione.
 
A tal proposito, ricordo il tentativo della Regione Emilia-Romagna di mettere in atto quanto tra l'altro espressamente previsto dalla stessa normativa Comunitaria, ossia lo snellimento delle procedure di Autocontrollo per realtà piccole o piccolissime. All'uopo segnalo questa vecchia discussione:
 
Esenzione piano autocontrollo (HACCP)
 
Tentativo, come avrete modo di constatare voi stessi, miseramente naufragato anche a causa del Ricorso al TAR del Lazio da parte dell'Ordine Nazionale dei Chimici... Proprio loro... 
 
Non entro nel merito della sentenza, anche perché effettivamente credo sia necessario prestare la massima attenzione quando si parla di semplificazione.. Il pericolo è sempre quello che ci si trovi dinanzi a "furbetti", o presunti tali, che con qualche escamotage riescano a raggirare le regole a scapito della sicurezza igienico-sanitaria dei prodotti commercializzati.
 
Zaijian!
Giulio

 


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Oggetto:

Secondo me per l’attuazione dell’HACCP nelle piccole realtà ci si deve rendere conto che esiste una interdipendenza tra punti critici di controllo e programmi prerequisito i PRP.

Mi spiego meglio, le imprese molto piccole devono in primo luogo attuare le GMP Norme di Buona Prassi Igienica che riducono al minimo le difficoltà di applicazione dell’HACCP;  seguendo poi un approccio di tipo graduale e graduato (scusate il giro di parole) nell’attuazione del piano.

I programmi prerequisito si riferiscono a tutte quelle pratiche e condizioni necessarie prima e durante l’esecuzione del sistema HACCP  essenziali ai fini della sicurezza alimentare come riportato anche nel Codex.

Dal canto loro tutte aziende incluse le piccolissime attività devono assicurarsi di acquistare prodotti e materi prime da fornitori e rivenditori che a sua volta implementino un sistema HACCP.

È opportuno ricordare comunque che la  sicurezza alimentare è un aspetto essenziale in ogni attività di ristorazione e quando questa  è a rischio, un ristorante può chiudere!

Cosa ne pensate?


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Oggetto:

Giulio, il tuo discorso non fà una piega, la sicurezza alimentare deve essere sempre in primo piano.

Ma per quanto riguarda i piccoli esercizi (parlo di realtà con 2-3 operatori) ti assicuro che gli osa si rifiuterebbero categoricamente di fare test sugli oli di frittura, secondo mè rimane meno problematico (per loro e per la loro mentalità) un ricambio frequente degli oli.

Magari la frequenza della sostituzione degli oli si potrebbe decidere dopo test fatti dal consulente durante alcune lavorazioni a campione, cosi da verificare l'effettiva qualità dell'olio dopo l'utilizzo nella specifica lavorazione


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Oggetto:

Ciao a tutti,

fabarr penso che tu abbia centrato in pieno quello che stiamo cercando di dire io e Giulio!!! Si tratta quindi di VALIDARE IL PROCESSO (in questo caso la fruttura ma ugualmente la pastorizzazione etc. etc.) cioè collegare i parametri di processo con i risultati ottenuti. Dopodichè non servirà fare analisi ogni volta ma se so che ho rispettato i parametri sono matematicamente sicuro che, a parità di altre condizioni, l'olio andrà bene ed eventualmente farò analisi una volta l'anno per VERIFICARE il CCP. Questo penso sia quanto anche Giulio intendeva quando riportava:

"Il Tecnologo Alimentare, sia esso interno all'azienda, oppure un consulente esterno, dovrebbe adoperarsi proprio in questo senso: riuscire a far coesistere la massima semplificazione nella gestione del Piano d'Autocontrollo, senza mai venir meno, però, all'aspetto fondamentale, ossia la sicurezza igienico-sanitaria dei prodotti alimentari e la conseguente salute del consumatore."
 
Grazie
 
Alfredo
 

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Oggetto:

Allora eravamo d'accordo dall'inizio del discorso, semplicemente non ci eravamo capiti :)


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Oggetto:

I miei manuali di autocontrollo sono "cantieri sempre aperti": appena leggo qualcosa di valido corro a modificare il mio manuale "standard". Oggi mi veniva un dubbio: il CCP è quel punto che può essere monitorato continuamente tramite parametri OGGETTIVI come temperatura, pH, tempo e via dicendo. E fin qui ci siamo. 

Ora sto sviluppando un piano di autocontrollo per una pescheria e arrivato alla fase "esposizione su banco "freddo"" non so che pesci prendere, nel senso che per me è sicuramente un CCP ma non c'è nessun parametro oggettivo da poter valutare se non la presenza di ghiaccio attorno al pesce. Se decidessi di farlo essere un CCP dovrei approntare una scheda per segnare se c'è o meno il ghiaccio, ma onestamente mi pare un'esagerazione inutile. Cosa ne pensate?

PS: per la maggior parte delle schede che io fornisco al cliente riguardano le GMP (come la pulizia dei locali) che niente hanno a che fare con i CCP.  

 


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Oggetto:

più che la presenza del ghiaccio rileverei la temperatura


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Oggetto:

Io escludo in maniera categorica che la persona in questione si doti di un termometro a sonda e lo usi per misurare la temperatura del pesce. Non c'è un altro modo? mi rendo conto che il termometro è il modo migliore ma vorrei evitare di farlo trovare in difetto... 


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