CCP: cottura pizza ed affettatura salumi consumati crudi

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Oggetto:

Buongiorno colleghi,

ho da poco intrapreso la carriera di consulente HACCP. Mi sono da subito trovato davanti ad un forte dubbio, che mi fa capire come non sia affatto semplice come professione. Ma va bene, sono sicuro di farcela.

Il mio quesito è: la fase di cottura della pizza è un CCP? Il dubbio mi è venuto perchè, se la temperatura del forno non è quella ideale, vuol dire che è un punto critico e va prevista una procedura di controllo. Corregetemi se sbaglio.

E la fase di affettatura dei salumi serviti, come antipasti e pertanto consumati non cotti, è anch'essa un CCP?

Spero che mi possiate aiutare. Nall'attesa, vi ringrazio tutti anticipamente.


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Oggetto: CCP: cottura pizza ed affettatura salumi consumati crudi
provaprovaprovaprovaprova

Oggetto:

Secondo me la fase di cottura è un CCP.

Dovresti decidere un parametro tempo/temperatura che ti assicuri che la pizza sia cotta e non deperibile (per esempio: 8 minuti a 300°C, o 6 minuti a 320°C).

Tuttavia, bisogna valutare attentamente il forno e la tipologia di pizza. L'importante è che sia superata la temperatura limite al cuore del prodotto, che credo sia di 65°C (mi sembra, ma non sono ne sicuro... forse si tratta di 72°C).

Mentre la fase di affettatura dei salumi, non è assolutamente un CCP; non si corrono rischi gravi visto che si tratta di alimenti fermentati.


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Oggetto:

Ciao!

A mio parere nessuna delle due fasi è un Punto Critico di Controllo (CCP). Che rischio ho se non rispetto il limite critico che mi sono prefissata? Certamente non così rilevante da rappresentare un rischio per la salute del consumatore.

Sempre secondo me, per un alimento come la pizza la fase di cottura è da considerare come PRP e deve rispettare stabilite GMP e GHP. Sta poi al pizzaiolo gestirla e garantire l'idonea cottura dell'alimento.

I CCP li inserirei sulla gestione degli ingredienti, come ad esempio la conservazione refrigerata.

Per quanto riguarda la fase di affettatura dei salumi, sono d'accordo con andreabara. Al massimo potrei pensare al rischio corpi estranei, ma, secondo me, riesci a gestirlo benissimo come CP.

Saluti!

pi.esse


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Oggetto:

Vi ringrazio, siete stati molto gentili.


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Oggetto:
Ciao mirko13 e benvenuto, ^__^

concordo pienamente con quanto affermi: occuparsi di HACCP non è assolutamente semplice. Come ho avuto modo di ribadire in più di un'occasione, per diventare consulenti HACCP occorre disporre di solide basi teoriche, capacità logiche e conoscenza approfondita (oserei dire, maniacale) di tutte le fasi del processo produttivo: dal ricevimento delle materie prime al prodotto finito, senza trascurare le modalità di conservazione e soprattutto di consumo.

Essere consulenti HACCP significa aver acquisito la consapevolezza di operare in un contesto di costante mutevolezza, in cui: ciò che vale per il prodotto X, fabbricato dall'azienda Y, al tempo Q, nello stabilimento Z, lungo la linea K, nel corso della lavorazione W, non significa necessariamente che abbia validità per un tempo indeterminato, nè tantomeno che possa essere automaticamente esteso a prodotti e/o lavorazioni solo apparentemente affini.

Per poter dialogare di HACCP, senza dare adito a pericolosi fraintendimenti è fondamentale disporre di un vocabolario universalmente riconosciuto: tale funzione è esplicata dal CAC/RCP 1-1969, Rev. 4 del 2003, redatto dalla Codex Alimentarius Commission. Parimenti, il Codex Alimentarius fornisce un modus operandi peculiare e che chiarisce inequivocabilmente la cronologia delle fasi che portano alla elaborazione del Piano HACCP.

E qui veniamo alla prima considerazione: onde poter stabilire se una fase del processo produttivo sia o meno un CCP, occorre aver preventivamente applicato l'Analisi dei Pericoli... A che pericolo (o pericoli) stai rivolgendo la tua attenzione?

  • Chimici (ad esempio: presenza di eventuali residui di detergenti usati per la sanificazione degli attrezzi; etc.)
  • Fisici (ad esempio: presenza di eventuali frammenti metallici derivanti dall'accidentale rottura dell'impastatrice; etc.)
  • Biologici (ad esempio: presenza di Salmonella spp. in uno degli ingredienti del topping, etc.)

Partendo da queste premesse fondamentali e con riferimento alla fase di cottura della pizza, per capire se si tratti di un Punto Critico di Controllo (CCP) occorre applicare correttamente l'Albero delle Decisioni. Supponendo che, parlando di trattamento termico, ti stessi riferendo a pericoli di tipo biologico (più specificatamente microbiologico); per rispondere alla tua domanda ritengo sia necessario partire dalla definizione di CCP fornita dal Codex Alimentarius:

una fase in cui può essere applicato un controllo che è essenziale per prevenire o eliminare un pericolo per la sicurezza alimentare o ridurlo ad un livello accettabile;

In sostanza: si tratta di una fase del processo produttivo, fondamentale per il controllo di uno o più pericoli specifici, a seguito della quale non vi è più alcuna fase in grado di garantire la salubrità del prodotto finito.

Ed ecco la domanda che credo tu debba porti: esiste una fase, successiva alla cottura, che sia in grado di eliminare, o quantomeno di ridurre entro un livello di accettabilità, il pericolo (o i pericoli) che stai prendendo in considerazione per la tua pizza?

Analogamente, per la fase di affettamento dei salumi, devi individuare qual è il pericolo-target (o i pericoli-target!) della tua Analisi e quindi porti le summenzionate domande.

Ai fini dell'individuazione dei CCP, ti suggerisco di tenere in debita considerazione anche che il controllo di un CCP si fonda sul concetto di monitoraggio: è insensato individuare uno o più CCP che non siano adeguatamente monitorabili. A questo proposito, onde evitare di ripetere concetti già espressi, rimando chi fosse interessato direttamente alla discussione intitolata Control Point (CP) vs Critical Control Point (CCP).

Infine, mi permetto di fare un'ultima considerazione: non sempre Scienza e Tecnica vanno a braccetto con quanto previsto dalla Legislazione: una discussa Nota Ministeriale ha imposto, su tutto il territorio Nazionale, l'obbligatorietà nell'individuazione di almeno un CCP; negando - di fatto - l'arbitrarietà in materia di HACCP all'OSA e ponendosi - tra le altre cose - in contrasto con la Normativa Comunitaria; per chi desiderasse approfondire l'argomento, segnalo la discussione intitolata Piano HACCP senza CCP: il Ministero della Salute dice no!

A presto!
Giulio

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Oggetto:

Ciao,

la cottura della pizza di solito in forno avviene tra i 250 e i 300°C (nel caso di forni a legna può arrivare a 400-450°C).

Cercando di analizzare una preparazione generica questi sono i fattori principali che dovrai sicuramente valutare:

  • le temperature raggiunte dall'alimento a fine cottura;
  • lo spessore della pizza (mezzo centimetro, un centimetro);
  • il tempo di contatto della pizza con il forno (circa dieci minuti);

In base a quanto detto, non ritengo sia necessario monitorare la "temperatura a cuore" della pizza; comunque non è possibile un monitoraggio continuo. Non considererei, pertanto, la cottura come CCP.

Ti segnalo anche la discussione intitolata: La cottura come CCP.

Saluti e rimango a disposizione!

by marco896


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Oggetto:

Condivido gli interventi di Giulio e Marco: il punto da focalizzare è il monitoraggio del CCP.

Se penso che la cottura possa essere un CCP devo creare una procedura di monitoraggio, ed una scheda di registrazione di tale monitoraggio, quindi dovrei periodicamente misurare la temperatura del forno o del prodotto cotto e verificare se i parametri sono rispettati; cosa che penso sia complicato da effettuare nel caso specifico, quindi a mio avviso l'individuazione di un CCP è strettamente legata alla possibilità di poterlo monitorare e registrare puntualmente e facilmente.

Per il taglio degli affettati, penso che basti una corretta prassi igienica (GMP).

Ciao a tutti!


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