Il fatto alimentare dedica un articolo alla recente direttiva che riconferma l'obbligo all'utilizzo del numero di lotto.
In chiusura si accenna ai "prodotti preconfezionati sul punto vendita (o in locali attigui) che, oltre a essere esentati dalla quasi totalità delle nuove informazioni obbligatorie per le etichette, compresi il termine minimo di conservazione o la data di scadenza, sono esentati anche dall'indicazione del codice di lotto." (quelli che il nuovo regolamento 1169/11 chiama "alimenti non preimballati" e il buon vecchio 109/92 "preincartati").
Non sono d'accordo.
Come riportato in una precedente discussione (che contiene il testo integrale di un mio articolo sull'argomento): La Corte di Cassazione, richiamando sue precedenti pronunce, ha ribadito che la differenza tra prodotto alimentare “preconfezionato” e prodotto “preincartato” va individuata facendo riferimento alle caratteristiche dell’imballaggio stesso, senza che abbia rilevanza il luogo di confezionamento.
La cosa è importante, specie per i colleghi che si occupano di Grande distribuzione, la quale utilizza ampiamente questo tipo di unità di vendita, così descritta in un rapporto dei NAS:
1) le confezioni rinvenute erano unità di vendita destinate ad essere presentate come tali al consumatore, il quale poteva scegliere tra l'una e l'altra per la differenza di peso e quindi di pezzo o di un più gradevole aspetto organolettico del prodotto posto in vendita poiché chiuso in distinte confezioni di cellophane;
2) la carne sezionata era stata chiusa in un imballaggio prima di essere posta in vendita al consumatore (quindi non vi è stata una scelta a priori del consumatore finale sulla quantità e qualità del taglio di carne e trippa).
3) i prodotti de quibus erano avvolti interamente nell'imballaggio, costituito da una vaschetta di polistirolo chiusa con una pellicola di cellophane, che non dava la possibilità all'esercente o al consumatore di modificare il contenuto senza aprire o alterare la confezione.
Quindi, cari colleghi, attenzione: se il vostro capo si ostina a non etichettare compiutamente queste confezioni, fategli presente che il titolare del caso da cui ho tratto la suddetta citazione è stato condannato (marzo 1999)
a pagare 6 milioni di sanzione (sentenza confermata in Cassazione).