Ciao mirko13 e benvenuto, ^__^
concordo pienamente con quanto affermi: occuparsi di HACCP non è assolutamente semplice. Come ho avuto modo di ribadire in più di un'occasione, per diventare consulenti HACCP occorre disporre di solide basi teoriche, capacità logiche e conoscenza approfondita (oserei dire, maniacale) di tutte le fasi del processo produttivo: dal ricevimento delle materie prime al prodotto finito, senza trascurare le modalità di conservazione e soprattutto di consumo.
Essere consulenti HACCP significa aver acquisito la consapevolezza di operare in un contesto di costante mutevolezza, in cui: ciò che vale per il prodotto X, fabbricato dall'azienda Y, al tempo Q, nello stabilimento Z, lungo la linea K, nel corso della lavorazione W, non significa necessariamente che abbia validità per un tempo indeterminato, nè tantomeno che possa essere automaticamente esteso a prodotti e/o lavorazioni solo apparentemente affini.
Per poter dialogare di HACCP, senza dare adito a pericolosi fraintendimenti è fondamentale disporre di un vocabolario universalmente riconosciuto: tale funzione è esplicata dal CAC/RCP 1-1969, Rev. 4 del 2003, redatto dalla Codex Alimentarius Commission. Parimenti, il Codex Alimentarius fornisce un modus operandi peculiare e che chiarisce inequivocabilmente la cronologia delle fasi che portano alla elaborazione del Piano HACCP.
E qui veniamo alla prima considerazione: onde poter stabilire se una fase del processo produttivo sia o meno un CCP, occorre aver preventivamente applicato l'Analisi dei Pericoli... A che pericolo (o pericoli) stai rivolgendo la tua attenzione?
Partendo da queste premesse fondamentali e con riferimento alla fase di cottura della pizza, per capire se si tratti di un Punto Critico di Controllo (CCP) occorre applicare correttamente l'Albero delle Decisioni. Supponendo che, parlando di trattamento termico, ti stessi riferendo a pericoli di tipo biologico (più specificatamente microbiologico); per rispondere alla tua domanda ritengo sia necessario partire dalla definizione di CCP fornita dal Codex Alimentarius:
una fase in cui può essere applicato un controllo che è essenziale per prevenire o eliminare un pericolo per la sicurezza alimentare o ridurlo ad un livello accettabile;
In sostanza: si tratta di una fase del processo produttivo, fondamentale per il controllo di uno o più pericoli specifici, a seguito della quale non vi è più alcuna fase in grado di garantire la salubrità del prodotto finito.
Ed ecco la domanda che credo tu debba porti: esiste una fase, successiva alla cottura, che sia in grado di eliminare, o quantomeno di ridurre entro un livello di accettabilità, il pericolo (o i pericoli) che stai prendendo in considerazione per la tua pizza?
Analogamente, per la fase di affettamento dei salumi, devi individuare qual è il pericolo-target (o i pericoli-target!) della tua Analisi e quindi porti le summenzionate domande.
Ai fini dell'individuazione dei CCP, ti suggerisco di tenere in debita considerazione anche che il controllo di un CCP si fonda sul concetto di monitoraggio: è insensato individuare uno o più CCP che non siano adeguatamente monitorabili. A questo proposito, onde evitare di ripetere concetti già espressi, rimando chi fosse interessato direttamente alla discussione intitolata Control Point (CP) vs Critical Control Point (CCP).
Infine, mi permetto di fare un'ultima considerazione: non sempre Scienza e Tecnica vanno a braccetto con quanto previsto dalla Legislazione: una discussa Nota Ministeriale ha imposto, su tutto il territorio Nazionale, l'obbligatorietà nell'individuazione di almeno un CCP; negando - di fatto - l'arbitrarietà in materia di HACCP all'OSA e ponendosi - tra le altre cose - in contrasto con la Normativa Comunitaria; per chi desiderasse approfondire l'argomento, segnalo la discussione intitolata Piano HACCP senza CCP: il Ministero della Salute dice no!
A presto!
Giulio
concordo pienamente con quanto affermi: occuparsi di HACCP non è assolutamente semplice. Come ho avuto modo di ribadire in più di un'occasione, per diventare consulenti HACCP occorre disporre di solide basi teoriche, capacità logiche e conoscenza approfondita (oserei dire, maniacale) di tutte le fasi del processo produttivo: dal ricevimento delle materie prime al prodotto finito, senza trascurare le modalità di conservazione e soprattutto di consumo.
Essere consulenti HACCP significa aver acquisito la consapevolezza di operare in un contesto di costante mutevolezza, in cui: ciò che vale per il prodotto X, fabbricato dall'azienda Y, al tempo Q, nello stabilimento Z, lungo la linea K, nel corso della lavorazione W, non significa necessariamente che abbia validità per un tempo indeterminato, nè tantomeno che possa essere automaticamente esteso a prodotti e/o lavorazioni solo apparentemente affini.
Per poter dialogare di HACCP, senza dare adito a pericolosi fraintendimenti è fondamentale disporre di un vocabolario universalmente riconosciuto: tale funzione è esplicata dal CAC/RCP 1-1969, Rev. 4 del 2003, redatto dalla Codex Alimentarius Commission. Parimenti, il Codex Alimentarius fornisce un modus operandi peculiare e che chiarisce inequivocabilmente la cronologia delle fasi che portano alla elaborazione del Piano HACCP.
E qui veniamo alla prima considerazione: onde poter stabilire se una fase del processo produttivo sia o meno un CCP, occorre aver preventivamente applicato l'Analisi dei Pericoli... A che pericolo (o pericoli) stai rivolgendo la tua attenzione?
- Chimici (ad esempio: presenza di eventuali residui di detergenti usati per la sanificazione degli attrezzi; etc.)
- Fisici (ad esempio: presenza di eventuali frammenti metallici derivanti dall'accidentale rottura dell'impastatrice; etc.)
- Biologici (ad esempio: presenza di Salmonella spp. in uno degli ingredienti del topping, etc.)
Partendo da queste premesse fondamentali e con riferimento alla fase di cottura della pizza, per capire se si tratti di un Punto Critico di Controllo (CCP) occorre applicare correttamente l'Albero delle Decisioni. Supponendo che, parlando di trattamento termico, ti stessi riferendo a pericoli di tipo biologico (più specificatamente microbiologico); per rispondere alla tua domanda ritengo sia necessario partire dalla definizione di CCP fornita dal Codex Alimentarius:
una fase in cui può essere applicato un controllo che è essenziale per prevenire o eliminare un pericolo per la sicurezza alimentare o ridurlo ad un livello accettabile;
In sostanza: si tratta di una fase del processo produttivo, fondamentale per il controllo di uno o più pericoli specifici, a seguito della quale non vi è più alcuna fase in grado di garantire la salubrità del prodotto finito.
Ed ecco la domanda che credo tu debba porti: esiste una fase, successiva alla cottura, che sia in grado di eliminare, o quantomeno di ridurre entro un livello di accettabilità, il pericolo (o i pericoli) che stai prendendo in considerazione per la tua pizza?
Analogamente, per la fase di affettamento dei salumi, devi individuare qual è il pericolo-target (o i pericoli-target!) della tua Analisi e quindi porti le summenzionate domande.
Ai fini dell'individuazione dei CCP, ti suggerisco di tenere in debita considerazione anche che il controllo di un CCP si fonda sul concetto di monitoraggio: è insensato individuare uno o più CCP che non siano adeguatamente monitorabili. A questo proposito, onde evitare di ripetere concetti già espressi, rimando chi fosse interessato direttamente alla discussione intitolata Control Point (CP) vs Critical Control Point (CCP).
Infine, mi permetto di fare un'ultima considerazione: non sempre Scienza e Tecnica vanno a braccetto con quanto previsto dalla Legislazione: una discussa Nota Ministeriale ha imposto, su tutto il territorio Nazionale, l'obbligatorietà nell'individuazione di almeno un CCP; negando - di fatto - l'arbitrarietà in materia di HACCP all'OSA e ponendosi - tra le altre cose - in contrasto con la Normativa Comunitaria; per chi desiderasse approfondire l'argomento, segnalo la discussione intitolata Piano HACCP senza CCP: il Ministero della Salute dice no!
A presto!
Giulio