Gelatinizzazione dell'amido

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Oggetto:

Ciao! Avrei bisongo di informazioni relativamente alla gelatinizzazione dell'amido nella pasta, grazie a tutti!


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Oggetto: Gelatinizzazione dell'amido
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Oggetto:

I granuli di amido integri sono insolubili in acqua fredda per la forza dei legami idrogeno, che uniscono le catene tra loro, ma che vengono inbibiti a temperature tra 55 e 70°C. Questa temperatura è detta: Temperatura Iniziale di Gelatinizzazione.

I granuli di amido si gonfiano ed una frazione di amilopectina e di amilosio passano in soluzione con aumento della viscosità della soluzione ottenuta. È il fenomeno noto come gelatinizzazione dell'amido.

Dopo alcune ore le soluzioni di amido cambiano le proprie proprietà reologiche: le soluzioni diluite diminuiscono la propria viscosità, mentre le sospensioni concentrate ed i gel acquisiscono una consistenza gommosa ed eliminano acqua sotto forma di essudato. Queste modificazioni sono dette retrogradazione dell’amido e tale fenomeno è dovuto all’addensarsi delle molecole di amilosio che provoca il crollo della struttura espansa dell’amilopectina del granulo.


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Oggetto:

Intanto grazie per la risposta!

Mi piacerebbe approfondire l'argomento dal punto di vista nutrizionale, cioè cosa comporta questo fenomeno che hai appena descritto. Il rigonfiamento dei granuli d'amido e la fuoriuscita di amilopectina e amilosio, di cui parli, dovrebbero teoricamente rendere più disponibile la frazione glucidica della pasta e quindi dovremmo osservare un incremento dell'indice glicemico.. Se questo fosse vero, ha senso consigliare di cuocere meno la pasta (cottura "al dente") in modo da limitare in parte questa maggiore disponibilità  di carboidrati?

Possiamo cioè affermare che il tempo di cottura influenza la disponibilità di carboidrati (e quindi l'indice glicemico) nella pasta?

Altra punto, sempre nutrizionalmente parlando, come influisce il tempo in cui si serve un piatto di pasta (cioè il tempo calcolato dalla fine della cottura a quando si consuma) sulla disponibilità di carboidrati?

E' qui che dovrebbe entrare in gioco la retrogradazione dell'amido, giusto?


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Oggetto:

La digeribilità dell'amido la definirei così:

  • amido retrogradato: sarà difficilmente idrolizzabile dagli enzimi digestivi;
  • frazione amilosio e amilopectina: maggiore è il contenuto di amilosio, più ciò rende difficile la digestione;
  • amido resistente: possiamo definirlo come quella parte di amido che, per la sua struttura, è difficilemente attaccabile; fibra insolubile recentemente studi ne hanno dimostrato l'alto valore nutrizionale come prebiotico svolge effetto ipoglicemico.

Ora sono di corsa, ma approfondiamo la discussione, è molto interessante!

Ciao!


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Oggetto:

La discussione potrebbe essere lunga e coinvolgere la scienza dei materiali.

Comunque, semplificando, l'amido in genere si trova in due stati:

  • come catene lineari di monomeri del glucosio, dette amilosio
  • come catene ramificare dette amilopectina

Quando si riscalda la matrice alimentare, le catene si allontanano le une dalle altre e l'acqua esterna può entrare a far parte di quella frazione detta "interparticellare", ovvero acqua colloidale.

Di fatto, se l'alimento venisse finemente sminuzzato in particelle nanometriche, formerebbe in acqua un colloide dello sol (che è un solido in un liquido), con il calore le particelle lascerebbero penetrare acqua che si fisserebbe all'interno delle medesime creando un gel (che è invece un liquido disperso in una fase solida), si avrebbe quella che viene chiamata una sintesi sol-gel, non a caso l'amido raffreddato e messo ad essiccare, difficilmente perde tutta l'acqua interna, perchè oramai legata a livello interparticellare.

Ora, quando l'amido viene cotto, il calore lo porta ad una temperatura di transizione (transizione del second'ordine perchè non associata ad alcun calore latente ma con una temepratura tipica Tg verso la quale inizia il fenomeno) alla quale i granuli, non essendo dissolti finemente in acqua, richiamano la stessa; le catene si allontanano e quindi si forma un gel, dapprima forte (ovvero che non presenta sineresi) poi debole e acquoso in cui le catene più piccole si allontanano al punto di andare in soluzione.

Appare evidente che il rapporto amilosio/amilopectina influenzi fortemente l'indice glicemico; così come la temperatura di cottura (cibi cotti in alta montagna sembrano meno appetibili perchè maggiormente al dente, poichè la quota crea una caduta di pressione e l'acqua bolle prima, riscaldando il mezzo a una temperatura inferiore) determina una variazione notevole dell'indice glicemico.

La stessa temperatura di raffreddamento, ma più di questa la velocità con cui si raffredda la massa, determina una variazione della struttura dell'amido quando raffredda. Essendo l'amilosio lineare può formare strutture cristalline difficilmente attaccabili dalle amilasi, dato il forte impaccamento spaziale, mentre l'amilopectina essendo ramificata (tanto più lo è, tanto maggiormente si verifica il fenomeno) può facilmente - se in grandi quantità - dare un indice glicemico altissimo, perchè crea sostanzialmente solo strutture amorfe facilmente attaccabili dagli enzimi. Per questo motivo le patate, che in genere sono pura amilopectina, hanno indice glicemici altissimi; mentre il riso basmati, che contiene un tenore maggiore di amilosio, ha un indice glicemico molto basso.

Perchè la velocità del raffreddamento è cruciale per la variazione dell'indice glicemico, ma anche della reologia dell'amido?

- Se viene raffreddato velocemente le strutture non riescono a cristallizzare e l'amido che cristallizza forma cristalliti molto piccoli immersi in una notevole quantità di acqua sulle superifici. Le strutture restano in prevalenza amorfe e questo determina un facile attacco enzimatico del gel anche quando questo scende notevolmente di temperatura, l'essere contornati da acqua in forma di gel debole, favorisce la diffusione secondo legge di Fick (quindi per variazione di concentrazione) degli enzimi.

- Se il raffreddamento è molto lento, si formano cristalliti molto grandi, resta poca acqua all'esterno di essi, ma non è questo che complica la situazione, dato che essendo più grandi, la superficie specifica scende drasticamente, determinando una maggiore difficoltà degli enzimi a dissolvere tutto il cristallite. Per non parlare poi del fatto che raffreddando lentamente anche vaste zone dell'amilopectina, precedentemente molto reattive, tendono a creare localmente zone cristalline (un pò come succede ai polimeri che, seppur amorfi, presentano zone cristalline, ma siccome l'amido è un polimero la descrizione è la medesima).

Nella retrogradazione purtroppo viene perde molta acqua (occorre molto tempo e spesso accade se un prodotto è cotto a temperature elevate, dato che anche quando raffreddato, l'alimento non è stabile ma vi è un gradiente igroscopico che favorisce la migrazione dell'acqua il che crea una forte cristallizzazione della struttura amidacea, poichè l'acqua si allontana lentamente e l'amido ha tutto il tempo di riarrangiarsi in zone più o meno cristalline.

Questo però accade meno frequentemente se il pane in questione è ottenuto da farina fermentata con livelito naturale, poichè il pool di microorganismi rilascia sostanze molto osmolari, cosa che il solo lievito di birra non può fare, con il risultato che queste sostanze trattengono acqua ma bloccano anche la formazione di legami secondari tra i cristalli amidacei e ne impediscono il riarrangiamento.

Questa è più o meno (mi spiace sono stato un po' caotico) la trattazione dei vari aspetti legati all'amido.

Richiederebbe molto molto più tempo, ma spero di aver apportato il mio contributo.

Un saluto.


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