E' recentemente apparso su Il Fatto Alimentare questo articolo: Made in Italy: solo il produttore garantisce che gli alimenti siano fatti davvero nel nostro Paese , che riprende l'argomento trattato in questa discussione.
Ho sempre sostenuto che sia l'uso della menzione "Made in Italy" sia quello delle successive, esemplificate al comma 4 della legge 166/09, prescinde dall'impiego di sole materie prime di origine italiana.
Ciò è pacifico per la prima menzione (ex comma 1).
Al contrario, nel citato articolo, l'amico Dario Dongo afferma che l'italianità delle materie prime sia necessaria per le menzioni del comma 4, in quanto tali menzioni "postulano" tale italianità.
A me non pare sia così, per due ragioni:
- Il comma 4 utilizza i termini "realizzato" e "realizzazione" i quali, mentre ben sintetizzano le quattro attività del comma 1 ( il disegno, la progettazione, la lavorazione ed il confezionamento ), non ritengo possano in alcun modo coinvolgere l'origine delle materie prime.
- Lo stesso comma 4 prevede l'uso fallace delle citate menzioni solo se queste vengono impiegate "al di fuori dei presupposti previsti ai commi 1 e 2", così ricadendo in quanto già affermato in precedenza per la menzione "Made in Italy".
Ho chiesto un commento all'avvocato Dongo: vi farò sapere.
saluti
alf