La normativa alimentare prevede alcuni termini il cui uso è “riservato” e non necessita di ulteriori specificazioni. Ad esempio:
“Con la sola parola "latte" deve intendersi il latte proveniente dalla vacca. Il latte di altri animali deve portare la denominazione della specie cui appartiene l'animale che lo fornisce, così per esempio "latte di capra", "latte di asina", ecc.” (RD 994/29)
E' di tutta evidenza che tra questi termini non può annoverarsi il termine “pasta”.
In generale, tale termine fa riferimento allo stato fisico di alcune sostnze alimentari (pasta di acciughe, di mandorle, ecc.).
Venendo all'argomento in oggetto, all'interno del citato DPR 187/01 non ricorre mai la frase “il termine pasta è riservato...”, né potrebbe essere altrimenti, dato che tale termine, in questo contesto, indica non già un prodotto, bensì una categoria, quella che va sotto il nome di “paste alimentari”.
Come si può verificare, infatti, nel citato DPR non si parla solo di “pasta … di grano duro”, ma anche di “pasta all'uovo”, “pasta fresca”, …
D'altro canto, a quale categoria merceologica dovrebbero appartenere spaghetti, fusilli, rigatoni, … ottenuti dalla trafilazione, laminazione e conseguente essiccamento di impasti preparati a partire da farine di mais, miglio, riso, farro, … se non a quella delle paste alimentari?