La faccenda è ancora più confusa di quanto pensassi.
Ho recuperato il testo del DDL :
ART. 1. (Modifiche alla legge 3 aprile 1961, n. 286, in materia di bevande analcoliche vendute con denominazioni di fantasia).
1. All’articolo 1 della legge 3 aprile 1961, n. 286, le parole: « non possono essere colorate se non contengono anche » sono sostituite dalle seguenti: « devono contenere » e le parole: « al 12 per cento » sono sostituite dalle seguenti: « al 16 per cento ».
Il citato articolo diverrebbe, quindi:
Le bevande analcooliche vendute con denominazioni di fantasia, il cui gusto ed aroma fondamentale deriva dal loro contenuto di essenze di agrumi, o di paste aromatizzanti di agrumi, devono contenere succo di agrumi in misura non inferiore al 16 per cento.
Di aranciate si parla, invece, all'art. 2:
ART. 2. (Contenuto delle bevande analcoliche disciplinate dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 maggio 1958, n. 719).
1. Le bevande analcoliche disciplinate dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 maggio 1958, n. 719, commercializzate con il nome di uno o più frutti ovvero recanti denominazioni che a tali frutti si richiamano devono essere preparate con un contenuto di succo naturale non inferiore al 20 per cento.
(A proposito di disinformazione: date un'occhiata alle notizie disponibili in rete e verificate quante riportano esattamente le cose.)
Questo è quanto.
Si è voluto rimettere perversamente mano anche alle bevande di fantasia, rafforzandone l'impraticabilità per i produttori nazionali.
Sarà interessante seguirne gli sviluppi, ricordando quanto si scrisse (prima della retromarcia) a commento della Comunitaria 2007:
L'articolo 9(della Comunitaria)contiene l'abrogazione dell'articolo 1 della legge 3 aprile 1961, n. 286 recante "Disciplina delle bevande analcoliche vendute con denominazione di fantasia". Il suddetto articolo prevede il divieto di impiego di coloranti per alcune tipologie di bevande; esso risulta in contrasto con le disposizioni comunitarie in materia di additivi e coloranti, .... Tale disposizione, non essendo stata abrogata esplicitamente da una norma di rango primario, determina: una ingiustificata discriminazione per i produttori nazionali rispetto agli operatori degli altri Paesi; un freno alla competitività delle imprese italiane, nonché confusione degli organi di vigilanza e conseguenti difficoltà ed oneri sulle imprese.”