Reg. 2073/2005: Definizione Temporale di Immessi sul Mercato
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con riferimento al Reg. (CE) n°2073/2005 sui criteri microbiologici applicabili ai prodotti alimentari, mi piacerebbe confrontarmi con voi relativamente ad una "Fase a cui si applica il criterio" che compare in più di una delle "Categorie alimentari" presentate nel Capitolo 1 - Criteri di sicurezza alimentare dell'Allegato I al summenzionato Regolamento.
Mi riferisco specificatamente alla dizione "Prodotti immessi sul mercato durante il loro periodo di conservabilità" : a vostro avviso, cosa si intende esattamente per immessi sul mercato?
Per un produttore di prodotti semilavorati, destinati pertanto all'industria di trasformazione, può essere considerato come "immissione sul mercato" già l'arco temporale immediatamente successivo alla spedizione del semilavorato? O ritenete fosse nelle intenzioni del Legislatore sottintendere il prodotto finito destinato al consumatore finale?
Ringrazio anticipatamente tutti coloro che si uniranno a questo dibattito ed auguro a tutti un buon lavoro!
Andre
Oggetto: Reg. 2073/2005: Definizione Temporale di Immessi sul Mercato
...Tuttavia, i prodotti immessi sul mercato, ma non al livello della vendita al dettaglio, che non soddisfano i criteri di sicurezza alimentare possono essere sottoposti ad ulteriore trasformazione mediante un trattamento che elimini il rischio in questione; tale trattamento può essere effettuato solo da operatori del settore alimentare diversi dai venditori al dettaglio.
Il fatto che il legislatore abbia previsto di distingure il concetto generale di "immissione sul mercato" da quello di "vendita al dettaglio", a mio avviso significa che il semilavorato può anche "non soddisfare i criteri di sicurezza alimentare"; tanto è vero che per questi è stato previsto un diverso criterio:
«criterio di igiene del processo», un criterio che definisce il funzionamento accettabile del processo di produzione.
Questo criterio, che non si applica ai prodotti immessi sul mercato, fissa un valore indicativo di contaminazione al di sopra del quale sono necessarie misure correttive volte a mantenere l’igiene del processo di produzione in ottemperanza alla legislazione in materia di prodotti alimentari;
1. I prodotti alimentari destinati all'industria, agli utilizzatori commerciali intermedi ed agli artigiani per i loro usi professionali ovvero per essere sottoposti ad ulteriori lavorazioni nonche' i semilavorati non destinati al consumatore devono riportare le menzioni di cui all'art. 3, comma 1, lettere a), c), e) ed h).
Art. 3 - Elenco delle indicazioni dei prodotti preconfezionati
1. Salvo quanto disposto dagli articoli successivi, i prodotti alimentari preconfezionati destinati al consumatore devono riportare le seguenti indicazioni:
a) la denominazione di vendita;
...
c) la quantita' netta o, nel caso di prodotti preconfezionati in quantita' unitarie costanti, la quantita' nominale;
...
e) il nome o la ragione sociale o il marchio depositato e la sede o del fabbricante o del confezionatore o di un venditore stabilito nella Comunita' economica europea;
...
h) una dicitura che consenta di identificare il lotto di appartenenza del prodotto;
Pertanto, deduco che i semilavorati ancorché commercializzati non sono "Prodotti immessi sul mercato durante il loro periodo di conservabilità".
1. Ai fini del presente regolamento si applicano le definizioni seguenti:
a) le definizioni di «alimento», «legislazione alimentare», «impresa alimentare», «operatore del settore alimentare», «commercio al dettaglio», «immissione sul mercato» e «consumatore finale» di cui all’articolo 2 e all’articolo 3, punti 1, 2, 3, 7, 8 e 18, del regolamento (CE) n. 178/2002;
8) «immissione sul mercato», la detenzione di alimenti o mangimi a scopo di vendita, comprese l'offerta di vendita o ogni altra forma, gratuita o a pagamento, di cessione, nonché la vendita stessa, la distribuzione e le altre forme di cessione propriamente detta;
Interpreto che:
"Prodotti immessi sul mercato durante il loro periodo di conservabilità" sono prodotti alimentari finiti, pronti per il consumo, dal momento che non sono più sotto il controllo diretto dell’operatore del settore alimentare che li produce fino alla data del TMC / TC.
pertanto, se ho ben capito: un semilavorato, come ad esempio un panetto di mozzarella da tritare e porre sulla pizza, non avendo nè data di scadenza nè Termine Minimo di Conservazione (TMC), potrebbe essere lavorato - conservandolo alla temperatura consigliata dal produttore - anche dopo 30 anni?
Un panetto di mozzarella, destinato ad essere utilizzato come ingrediente tal quale (tritare non è una trasformazione), in ambito produttivo definito "collettività" non èun semilavorato.
RegUE 1169/2011 - Art. 2.1
d) «collettività»: qualunque struttura (compreso un veicolo o un banco di vendita fisso o mobile), come ristoranti, mense, scuole, ospedali e imprese di ristorazione in cui, nel quadro di un’attività imprenditoriale, sono preparati alimenti destinati al consumo immediato da parte del consumatore finale;
Vero. Parliamo allora di cagliata, latte in polvere, pomodoro concentrato, etc. Tutti semilavorati che sono destinati all'Industria. Potrebbero quindi giacere per periodi biblici, non essendo indicato un periodo di scadenza al loro utilizzo.
Le spiritose provocazioni (o almeno spero che siano tali) de ilcorssaro meritano, comunque, due righe di chiarimento.
Fatte salve le precisazioni di Antonio, non dobbiamo dimenticare che coloro i quali ricevono materie prime e/o semilavorati "per essere sottoposti ad ulteriori lavorazioni"hanno la responsabilità di garantire "il rispetto delle disposizioni della legislazione alimentare nell'impresa alimentare posta sotto il suo controllo"(Reg. CE n°178/2002).
Ciò detto, gli Operatori del Settore Alimentare (OSA), in quanto "professionisti", devono essere in grado di valutare non solo i tempi, ma anche le modalità di conservazione dei prodotti che utilizzano, indipendentemente dal fatto che detti prodotti arrivino loro corredati o meno da TMC o data di scadenza.
D'altra parte, le "Società di servizi alle imprese alimentari, esercizi al pubblico e industrie" sono lì, pronte a fornire le consulenze del caso...
ti ringrazio per lo "spiritose": in effetti rido di gusto leggendo << Ciò detto, gli OSA, in quanto "professionisti" >>. Non ti offendere, ho una leggera esperienza come ex-titolare di un Laboratorio di Analisi Merceologiche che ho chiuso solo grazie ad Accredia. Tornando a noi, se qualcuno pensa che gli OSA rispettino norme morali (non scritte), buona fortuna; se qualcuno crede che gli OSA rispettino gli obblighi scritti, buona fortuna.
Ho analizzato prodotti finiti (latte, creme, frutti di mare, etc.) provenienti da aree b venduti e lavorati con parametri scandalosi, figuriamoci in periodi di magra cosa possono arrivare a fare i "professionisti" senza almeno un vincolo normativo.
Considerando, Alfredo, che le norme europee debbono regolamentare 28 Paesi, credo che Paesi tanto diversi per culture e modi di vivere abbiano la stessa moralità e preparazione verso queste tematiche sia al momento impossibile. Se vogliamo crederci allora è un atto di fede; ma io sono molto ateo in tal senso.
Il mio approccio è sempre colloquiale, non voglio offendere nessuno ma almeno mi si lasci la curiosità di capire fino a che punto le regole sono giuste ed applicabili e se essere spiritoso mi porta a meglio capire senza offendere la suscettiblità di qualcuno non credi che ne valga la pena?
che il mondo (alimentare e non) sia pieno di disonesti, negligenti o semplicementi ignoranti non è una novità.
Ma vogliamo attribuirne la colpa alle norme, o magari, come ha scritto qualcuno, ai "formalismi" ?
Io ho più di un dubbio.
Aggiungo, onde evitare che questa diventi una discussione a due, che sarebbe interessante conoscere i commenti degli altri 1331 OSA presenti in questo forum.