Buon pomeriggio a tutti,
ricollegandomi ad un'interessante discussione avviata dall'amico Antonio ed intitolata Vendere singolarmente beni non vendibili singolarmente, nella quale - come da oggetto - si dibatteva relativamente alla possibilità o meno di vendere singolarmente capsule di caffè prelevate da confezioni contenenti più capsule, desideravo portare alla vostra attenzione una questione che giudico non di poco conto e che, se fosse corretta la presente interpretazione (ma mi auguro di essere smentito), metterebbe in luce l'ennesimo punto debole del tanto dibattuto Reg. (UE) n°1169/2011.
Pertanto, con il summenzionato Regolamento alla mano, partirei da qualche definizione (Articolo 2 - Definizioni) per arrivare a delineare l'oggetto della presente discussione:
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k) «campo visivo»: tutte le superfici di un imballaggio che possono essere lette da un unico angolo visuale;
l) «campo visivo principale»: il campo visivo di un imballaggio più probabilmente esposto al primo sguardo del consumatore al momento dell’acquisto e che permette al consumatore di identificare immediatamente il carattere e la natura del prodotto e, eventualmente, il suo marchio di fabbrica. Se l’imballaggio ha diverse parti principali del campo visivo, la parte principale del campo visivo è quella scelta dall’operatore del settore alimentare;
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Proseguiamo poi con l'Articolo 13 - Presentazione delle indicazioni obbligatorie dove leggiamo:
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3. Nel caso di imballaggi o contenitori la cui superficie maggiore misura meno di 80 cm2, l’altezza della x della dimensione dei caratteri di cui al paragrafo 2 è pari o superiore a 0,9 mm.
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E fin qui, nulla di strano. E' l'Articolo 16 - Omissione di alcune indicazioni obbligatorie ad aver destato in me qualche pensiero. In particolare laddove stabilisce che:
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2. Nel caso di imballaggi o contenitori la cui superficie maggiore misura meno di 10 cm2, sono obbligatorie sull’imballaggio o sull’etichetta solo le indicazioni elencate all’articolo 9, paragrafo 1, lettere a), c), e) e f). Le indicazioni di cui all’articolo 9, paragrafo 1, lettera b), sono fornite mediante altri mezzi o sono messe a disposizione del consumatore su sua richiesta.
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Ora, se volessimo attenerci al caso del caffè, nell'ipotesi esistessero capsule di caffè vendute singolarmente (o imballaggi di altri prodotti alimentari, non importa) caratterizzate dalla superficie maggiore, inferiore ai 10 cm2 (dopotutto quelle standard risultano di poco superiori) le informazioni da ritenere obbligatorie sull'etichetta eventualmente applicata su ciascuna capsula sarebbero esclusivamente:
a) Denominazione
c) eventuali Allergeni
e) Quantità Netta
f) Termine Minimo di Conservazione (TMC)
Sembrerebbe pertanto - quantomeno di primo acchito - che il Legislatore si sia dimenticato di due informazioni fondamentali: il nome dell'Operatore Settore Alimentare (OSA) ed il Lotto; entrambe indispensabili onde assicurare una Rintracciabilità degna di questo nome.
Ciò, per altro, mi sembra in totale controtendenza rispetto agli obiettivi che si prefigge - a parole - il Regolamento in esame.
Voi che idea vi siete fatti a riguardo? Giudicate lo scenario poc'anzi prospettato effettivamente concretizzabile (almeno sotto un profilo squisitamente teorico), oppure ritenete abbia omesso di considerare qualche aspetto?
Ringrazio anticipatamente chiunque interverrà apportando il proprio prezioso contributo al presente dibattito.
Un caro saluto,
Giulio