Tecnologi Alimentari: il Dott. Fabio Beninati

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Oggetto: Tecnologi Alimentari: il Dott. Fabio Beninati

De Simoni: Buongiorno, Dott. Beninati. Le porgo un caloroso benvenuto, a nome di tutto lo Staff di Talkin'about Food Forum, nella nostra rubrica TAFF: i Tecnologi Alimentari si raccontano.

Il viaggio alla scoperta della Professione di Tecnologo Alimentare prosegue con uno degli ambiti più affascinanti in cui la nostra figura e' in grado di operare: la Ricerca e Sviluppo di nuovi prodotti alimentari o, per dirlo all'inglese, Research & Development (R&D).

Attualmente, Lei riveste la carica di New Product Development ed Innovation Manager presso un'azienda situata in UK che opera nel settore della produzione di alimenti rivolti particolarmente al canale Horeca o, più in generale, alla Ristorazione Collettiva.

Comincerei, pertanto, col chiederLe cosa si intenda esattamente per Research & Developement nel Settore Agroalimentare e quale sia la Sua idea di fare innovazione?

Beninati: Fare R&D nel settore agroalimentare significa aver a cuore il futuro dell'azienda per cui si lavora e del piccolo mondo circostante; questo perche' la R&D ti permette di creare prodotti sempre nuovi o di rivisitare i vecchi e dargli una nuova luce che puo' essere un cambiamento della ricetta o della tecnologia per produrre quel determinato prodotto.

Naturalmente il motore della R&D e' quello economico, per cui una buona nozione di marketing non guasta, esser sempre curiosi e attenti alle tendenze aiuta a sviluppare prodotti che vengano ben accettati dai consumatori; quando si riesce ad anticipare sul mercato un prodotto o sviluppare una nuova esigenza, possiamo dire di aver fatto innovazione.

A mio parere il settore R&D e' il piu' affascinante ambito per un TA in quanto permette di unire la passione culinaria con le nozioni tecniche aquisite con il nostro programma formativo.

D: Alla luce della Sua duplice esperienza lavorativa, italiana ed estera, quali sono le principali differenze, ammesso che esistano, tra fare Ricerca e Sviluppo nel nostro Paese e farla all'estero? A cosa Le attribuisce?

B: Io devo ammettere che sono stato fortunato ad aver iniziato la mia carriera in Italia presso un'azienda che credeva nell'innovazione e mi ha permesso di crescere professionalmente nel settore R&D.

Ma la mia curiosita' e voglia di continue sfide mi ha spinto verso l'Irlanda, dove ai tempi in cui mi son trasferito era chiamata, vista la situazione economica florida, la "tigre Celtica"; effetto durato pochi anni, infatti mi sono successivamente spostato e stabilito in Inghilterra.

Ma fermandosi ad osservare le differenze tra Italia e UK/Irlanda, la principale e' che in questi ultimi Paesi la voce R&D e' la prima spesa di un'azienda. Fare ricerca e' una priorita' sia a livello pubblico che privato, perche' senza ricerca non si ha futuro ma si vive soltanto di rendita di una innovazione passata.

Infatti come alcuni colleghi mi han fatto notare, i turisti vengono in Italia per ammirare le opere dei geni del passato che ci hanno lasciato un'eredita' strepitosa che va da prodotti alimentari a opere architettoniche.

Un po' come il fenomeno dei figli che non escono di casa, io penso che in Italia ci culliamo sulla nostra eredita' ma non si investa nel costruirne una per i nostri successori. Se qualcuno sviluppa un'innovazione, tutti sono lì a rincorrerla, copiarla, ma quasi mai si pensa di stravolgerla.

Questo modo di pensare si riflette anche nell'assumere il personale, si cerca di assumere sempre qualcuno che si conosce, non ci si vuol metter in rischio di assumere guardando solo il CV.

Ma tenendo da parte gli stereotopi la principale differenza e' che in Italia per far R&D devi aver la fortuna di esser al momento giusto al posto giusto, all'Estero puoi scegliere di fare R&D in qualunque azienda grande o piccola che sia e in qualsiasi settore (carni, lattiero caseario, vegetali, etc).

D: Nonostante la centralità della Ricerca e Sviluppo, perlomeno in mercati maturi come il nostro, in Italia si tratta di un ambito ancora poco esplorato.

Le cause di ciò sono principalmente imputabili alla modesta dimensione delle nostre aziende agroalimentari ma anche ad una visione piuttosto limitata di una certa parte della classe imprenditoriale nazionale: l'illusione che aver a lungo occupato una posizione di leadership in numerosi comparti del Food abbia di per sé creato un vantaggio incolmabile rispetto ai potenziali concorrenti. O per dirla in parole povere: l'impressione é che in certi casi ci si sia adagiati sugli allori.

Ritiene che in un momento d'incertezze, come quello che stiamo attraversando, investire in R&D sia azzardato, oppure crede sia da intendere come un'opportunità da prendere seriamente in considerazione per rimanere competitivi sul mercato e, se possibile, guadagnare ulteriore distacco dagli eventuali competitors?

B: Assolutamente, fare R&D non e' legato alla grandezza dell'azienda ma alla mentalita' dell'imprenditore.

Come detto prima penso che ci si adagi sugli allori e si perda terreno giorno dopo giorno sui competitors accaniti e vogliosi di rompere le barriere culturali. Ad esempio: recentemente una grande catena di ristoranti in UK ha stretto un accordo con un'azienda Rumena che produce un formaggio simile al Parmiggiano Reggiano ma con una forma adatta alla grattuggia usata nei ristoranti, per cui non si ha nessuno scarto. Facile da usare, buon prezzo, non ha il nome del Consorzio, ma alla fine il sapore non e' lontano da uno scarso Parmiggiano Reggiano.

D: In un contesto come quello italiano, fortemente legato alla tradizione, concetti come Ricerca e Sviluppo possono non essere visti di buon occhio da alcuni consumatori. L'Agroalimentare, lo sappiamo, rappresenta un settore particolare in cui vige una certa diffidenza nei confronti del "nuovo".

Eppure, dovrebbe essere chiaro: fare innovazione non significa solamente creare nuovi prodotti o stravolgere quelli preesistenti.. Significa essere in grado di apportare cambiamenti (anche modesti) in ricette, processi, packaging e quant'altro. Il tutto in un'ottica di continuo miglioramento dell'efficienza del processo produttivo, di accrescimento della sicurezza igienico-sanitaria e della qualità del prodotto finito.

Pertanto: come coniugare innovazione e tradizione per arrivare ad elaborare prodotti che rassicurino i consumatori, fornendo contestualmente un grado di servizio maggiore?

B: La neofobia e' radicata nell'uomo comune, ma la curiosita' ha distinto l'uomo dall'animale. Senza R&D e Innovazione non si sarebbe cucinata la carne o il pesce; l'uomo primitivo ha iniziato ad affumicare queste spinto dalla curiosita'. Se quel nomade non avesse avuto la curiosita' di assaggiare quel latte "andato a male" (ossia acidificato) che involontariamente si era trasformato in formaggio, non avremmo avuto questo fantastico alimento.

Fare innovazione non significa stravolgere la tradizione, ma anzi tener la tradizione a portata della naturale evoluzione. Ad esempio, tutti amiamo il prosciutto, vorremmo sempre averlo fresco e facile da usare, per cui hanno inventato le vaschette ad atmosfera modificata, questo secondo voi e' stravolgere la tradizione?

D: Molti giovani laureati decidono di andare a vivere all'estero nel tentativo di sfuggire alla scarsa meritocrazia che ha caratterizzato il nostro Paese negli ultimi decenni. Lei incarna perfettamente questa volontà di riscatto.

Cosa si sentirebbe di dire ai giovani laureati alle prese con la ricerca di una vera occupazione? Come comportarsi per fare un'esperienza lavorativa all'estero? A chi rivolgersi e soprattutto su quali realtà conviene puntare?

B: Mi sento di dire che i confini non esistono più; il cosidetto "estero" e' ormai ridotto in termini di distanze. Si viaggia con aerei e si coprono distanze in pochissime ore (frutto di R&D); in termini di comunicazione, l'uso di internet ormai ci fa sentire cittadini del mondo (frutto di R&D).

Per cui non arrendetevi se in Italia non si trova lavoro, ma cercate il lavoro che vi piace. Come diceva Confucio: "Scegli il lavoro che ami e non lavorerai mai, neanche per un giorno in tutta la tua vita."

Ormai e' facile prender contatti direttamente con le HR delle aziende o ci si puo' affidare ai "cacciatori di teste" o ancora utilizzare strumenti come Linkedin.

D: Cambiando decisamente argomento, alla domanda perché iscriversi all'Albo, molti rispondono: "per esercitare la Libera Professione".

Nonostante sia un lavoratore dipendente, che opera nella Ricerca & Sviluppo e per giunta all'estero, Lei risulta regolarmente iscritto all'Albo. Cosa la ha spinta a fare questa scelta?

Ritiene in casi simili al Suo sia utile l'iscrizione all'Albo? Cosa si sentirebbe di dire agli scettici nei confronti dell'Ordine?

B: Io credo che l'Ordine sia un luogo di ritrovo per i professionisti del settore, per cui non e' importante dove si opera, ma e' importante relazionarsi e aver una voce comune per valorizzare il ruolo del TA, per cui piu' iscritti ci sono, piu' questa voce e' forte e quindi facile da ascoltare.

D: La ringrazio per il tempo dedicatoci e spero di leggerLa presto su TAFF.

B: E' stato un piacere e in bocca al lupo per il suo innovativo forum!!



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Parole chiave (versione beta)

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