1. Il capo II si occupa di Pasta, quindi come altro si dovrebbe chiamare? Magari sarebbe stato meglio chiamarlo “Paste alimentari” o almeno “Paste”, ma non direi proprio che il legislatore abbia voluto regolamentare l'uso del termine, bensì le caratteristiche dei vari prodotti. In caso contrario, come avviene usualmente, sarebbe bastato scrivere “il termine pasta è riservato...”. Come ho già scritto, nell'articolato non compare non solo tale frase, ma neppure il termine “riservato”.
2. La mia convinzione è che l'articolo 6 abbia una sola funzione: quella di dire ai produttori (italiani) non solo che la pasta (di grano duro) si fa col grano duro (tautologico), ma che non si deve usare nessun altro prodotto che possa portare ad ottenere qualcosa di analogo: punto e basta!
Si tratta di un bell'esempio di “protezionismo alla rovescia”: segnalo, a questo proposito, un interessante documento ( cfr. pag. 4 e seguenti).
Tra l'altro, nel testo si fa riferimento ad una interessante sentenza relativa alla produzione di pasta di segale e ad un'altra concernente pasta con farina integrale.
Non è peraltro la prima volta in cui si tenta di “proteggere” qualcuno a scapito di qualcun'altro (si veda, ad esempio la penosa vicenda dell'aranciata senza arance).
3. Valgono le stesse riflessioni del punto precedente: deterrente per i produttori italiani.
Ciò detto, sono d'accordo con Alfredo sul fatto che l'evoluzione del mercato imponga un'aggiornamento della normativa.
saluti
alf