L'osservazione di trentino è senz'altro opportuna.
Quand'anche, però, l'uso di fecola in formaggi “non porzionati” (cosa si può agglomerare in un blocco da 20 kg?) fosse autorizzato nel Paese d'origine, ritengo che l'applicazione della clausola del mutuo riconoscimento non sarebbe così immediata, poiché il prodotto non viene commercializzato tal quale in Italia, ma entra a far parte di un prodotto differente.
Né mi pare utilizzabile il principio del carry-over, dato che, come detto, la fecola non è un additivo.
Quanto al “formaggio addittivato”, se la fecola è incorporata nel prodotto (longobardo confermi?), lo stesso non è un formaggio (almeno per la legge italiana), in quanto la suddetta fecola è, a tutti gli effetti, un ingrediente non consentito.
Tutto ciò premesso (e se proprio non è possibile fare a meno di utilizzare questa cosa), vediamo quali possibili alternative si presentano per l'etichettatura:
- Ingredienti: …..., fecola => No, almeno se volete chiamare il vostro prodotto “formaggio...”
- Ingredienti: ….., antiagglomerante: fecola => Mah! Se ve la sentite di sostenere che l'azione antiagglomerante è necessaria (ma la nota del Ministero dice altro...)
- Ingredienti: ….... (senza dichiarare fecola) => Doppio Mah! In caso di controllo, preparatevi a spiegare la presenza di fecola!
- Ingredienti: ….... Coadiuvante tecnologico con funzione di antiagglomerante: fecola di patate => E' quella che mi piace di più, ma non sono io che devo decidere!
Auguri.
alf