Le mie considerazioni.
Il titolo del citato all. 1 parla di "ingredienti", cioè di sostanze non vendute tal quali, bensì componenti (ingredienti, appunto) di un prodotto più complesso (tanto è vero che, nella sua prima versione, il 109/92 così definiva l'allegato 1: CATEGORIE DI INGREDIENTI CHE RIENTRANO NELLA COMPOSIZIONE DI UN ALTRO PRODOTTO ALIMENTARE PER I QUALI L'INDICAZIONE DELLA CATEGORIA PUÒ SOSTITUIRE QUELLA DEL NOME SPECIFICO). Qualora l'ingrediente pangrattato fosse presente per più del 2% e fosse costituito da più componenti, questi andrebbero esplicitati. Vanno comunque indicati gli allergeni e, se presenti, (e fatta salva la deroga dei carry over che non svolgono più funzioni nel prodotto finito) gli additivi.
Al contrario, se il pangrattato non è un "ingrediente", bensì un prodotto venduto tal quale, De Giovanni individua due obblighi: 1) elenco degli ingredienti, 2) indicazione degli allergeni (eventuali). quindi:
- se si tratta di un prodotto composto, deve essere, ovviamente indicato l'elenco degli ingredienti. L''indicazione dell'origine (obbligatoria, stando a De Giovanni, solo se fonte di allergeni) potrà accompagnare la denominazione di vendita o, in alternativa, risultare dall'elenco degli ingredienti. In questo caso riterrei necessaria anche l'indicazione dei relativi quid. Es.: pangrattato - Ingredienti: pangrattato di kamut (... %), pangrattato di ... (... %), ...
- nel caso si tratti di prodotto costituiti da un solo ingrediente, privo di allergeni, potrebbe essere sufficiente denominarlo "pangrattato", poichè, come già detto, l'obbligatorietà dell'indicazione d'origine pare essere funzione della sola necessità di segnalare la presenza di allergeni. Quindi, il pangrattato di mais (ammesso che esista!) potrebbe essere denominato semplicemente "pangrattato", anche se nessuno rinuncerebbe ad indicarne l'origine.
In ogni caso, il mio personale suggerimento è di indicare SEMPRE l'origine del pangrattato, indipendentemente dalla possibile presenza di allergeni.