Etichettatura Nutrizionale degli Alimenti

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Oggetto:
Buonasera a tutti! ^__^

Qualche tempo fa, un cliente mi fece notare che i Valori Nutrizionali Medi, riportati nella scheda tecnica di un prodotto dell'azienda per cui lavoro, differivano dai (cito testualmente) "calcoli di Legge". Si trattava di poche kcal per 100g di prodotto, per cui pensai che ciò fosse imputabile ad una differenza d'arrotondamenti; tuttavia mi colpì la determinazione che ostentava il mio interlocutore, manco al Mondo esistessero certezze... oltre alla morte, si intende!  :-P

Pertanto, incuriosito e consapevole che non si finisca mai d'imparare, chiesi la Legge a cui il cliente faceva riferimento: si tratta del DLgs. 77 del 16/02/1993, recepimento della Direttiva Comunitaria 90/496/CEE.

Fermo restando che la Legge è Legge e che pertanto sia obbligatorio adeguarsi ad essa; consentitemi di fare alcune rapide considerazioni, basandomi sui semplici strumenti di cui dispongo: qualche concetto basilare di aritmetica e la fonte suprema del sapere... Internet!  ;-)

Bene, di primo acchito, i valori riportati nel succitato Decreto Legislativo sembrerebbero piuttosto approssimativi; almeno se prendiamo come validi i valori riportati in Letteratura. Inoltre sembrerebbero contravvenire a quanto previsto dal documento "THE ADOPTION OF JOULES AS UNITS OF ENERGY" redatto dalla FAO. 

Ma vediamo più nel dettaglio a cosa mi riferisco: 

Il comma 1 dell'art. 5 del DLgs. 77 del 16/02/1993 riporta: 

IL VALORE ENERGETICO » CALCOLATO USANDO I SEGUENTI COEFFICIENTI DI CONVERSIONE:

a) CARBOIDRATI, AD ESCLUSIONE DEI POLIALCOLI 4 KCAL/G - 17 KJ/G;
b) POLIALCOLI 2,4 KCAL/G - 10 KJ/G;
c) PROTEINE 4 KCAL/G - 17 KJ/G;
d) GRASSI 9 KCAL/G - 37 KJ/G;
e) ALCOOL (ETANOLO) 7 KCAL/G - 29 KJ/G;
f) ACIDI ORGANICI 3 KCAL/G - 13 KJ/G.

E se ci fermassimo alla valutazione delle kcal non potremmo obiettare granché, se non un'approssimazione per quanto concerne i carboidrati (dove viene riportato 4 anziché 3,75 kcal/g).

Il dubbio sorge, però, se proviamo a definire quale fattore di conversione tra kilocalorie e kilojoule abbia adottato il Legislatore. Calcolatrice alla mano, notiamo che esso, attenendoci scrupolosamente alla Legge, non é univoco, come presumibilmente dovrebbe essere un fattore di conversione.

In questo caso, invece, per i carboidrati e per le proteine esso è pari a 4,25; per i lipidi è 4,11; 4,14 per l'etanolo; 4,33 per gli acidi organici ed infine 4,17 per i polialcoli.

Tutto ciò, permettetemelo, è piuttosto curioso.. Qui non si discute di parametri "attaccabili" scientificamente, ma di un elemento insindacabile, come dovrebbe essere un fattore di conversione tra due unità di misura.

Cosa ne pensate? Avete idea di cosa abbia determinato tali scelte? C'è forse in questi scostamenti qualche ragione recondita che potrebbe essermi sfuggita?

Grazie a tutti e cordiali saluti!
Giulio

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Oggetto: Etichettatura Nutrizionale degli Alimenti
provaprovaprovaprovaprova

Oggetto:

Salve a tutti, premetto che è la prima volta che scrivo in questo sito che reputo molto interessante.

Riguardo il fattore di conversione Cal-Joule, suppongo che il legislatore abbia usato il valore opportuno, 4.1868, e abbia approssimato l'ultimo numero intero sulla base della prima cifra decimale. Ciò spiegherebbe la non univocità dei valori.

Cordiali saluti.


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Oggetto:

Ciao edward e benvenuto! ^__^

Come prima cosa ti ringrazio per la risposta.

In effetti la mia domanda era volutamente un pò provocatoria; volta a sottolineare come la Scienza sia una disciplina in continuo diveniere e priva di dogmi, contrariamente alla Legge.

Analizzando il caso specifico, come accennavo nel mio precendente intervento ci sarebbero alcune considerazioni da fare.. In primo luogo penso occorra stabilire la definizione di caloria e conseguentemente i differenti valori ad essa assegnati.

La citata pubblicazione, redatta dalla FAO e denominata The adoption of joules as units of energy, invita all'utilizzo del fattore di conversione 1 caloria = 4,184 J (ossia la Caloria Termochimica, definita per la prima volta dallo scienziato F.D. Rossini): To convert calories into joules the conversion factor 4.1840 J = 1 calorie is recommended, which also identifies the calorie used by nutritionists with the thermochemical calorie.

Questo fattore di conversione coincide con quanto previsto dall'International Standard Organization [ISO 31-4: Quantities and units – Part 4: Heat. Annex B (informative): Other units given for information, especially regarding the conversion factor. International Organization for Standardization, 1992].

Il fattore da te segnalato, ossia 1 caloria = 4,1868 J, corrisponde a quello derivante dalla cosiddetta Caloria della Tabella Internazionale del Vapore, che prende il nome dall'omonima conferenza tenutasi nel 1929: l'International Steam Table Conference.

In secondo luogo, è consuetudine arrotondare al valore più prossimo all'originale (ie. 12,51 => 13; mentre 12,49 => 12); mentre, volendo anche impiegare il fattore 1 caloria = 4,1868 Joule, si ravvisano arrotondamenti non coerenti. Vedasi, a titolo d'esempio, il caso dei grassi: 9 kcal * 4,1868 = 37,6800 kJ che, per le ragioni di cui sopra, andrebbe arrotondato a 38 kJ/g e non a 37 kJ/g.

Comunque sia, ribadisco la necessità di adeguarsi a quanto prescritto dalla normativa cogente, dopotutto essa serve proprio a dipanare i possibili dubbi che la Scienza pone in essere...

Stay connected!
Giulio


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Oggetto:

salve,

l'art 6/9 del d.lgs 77/1993 aggiunge che i valori dichiarati sono valori medi rilevati in base a:

a) analisi dell'alimento

b) calcolo sui valori medi noti o effettivi degli ingredienti impiegati

c) calcoli sui dati generalmente fissati e accettati

per la costruzione dell'etichetta voi come siete soliti regolarvi? calcolate in via teorica a partire dagli ingredienti o effettuate delle determinazioni analitiche direttemente sul prodotto finito?


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Oggetto:
Visti i tempi di crisi economica:

calcoli sui dati generalmente fissati e accettati.

Ciao

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Oggetto:
Ritengo (almeno spero) di non sbagliare se dico che i carboidrati non hanno tutti lo stesso potere calorico; così non tutte le proteine e non tutti i grassi.

Per cui, qualsiasi fattore proposto nella storia della chimica non puo' che essere un fattore scaturito da determinate combinazioni di carboidrati o di proteine o di grassi; mai un fattore assurgere a ruolo di universale.

Nessuno potra' mai dire che i fattori di cui al D.Lgs. 77/1993 (da DirCE) sono vicini o lontani da quelli veri; perche' quelli veri, per miscele variabili di sostanze, non esistono.

Di certo, poiché sanciti da norma di legge garantiscono omogeneita' di calcoli.

Cordiali saluti.

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Oggetto:

Salve a tutti,

volevo riprendere questa interessante discussione per chiedere se esiste un protoccollo accettato per l'elaborazione della tabella nutrizionale a partire dai dati sugli ingredienti.

Il D.Lgs n.77 del 1993 infatti stabilisce che le quantità riportate devono essere quelle presenti nell'alimento al momento della vendita salva la possibilità di riferirle all'alimento pronto per il consumo a condizione che siano fornite sufficienti informazioni sulle modalità di preparazione.

Trattandosi, tanto per fare un esempio, di un prodotto da forno soggetto a calo di peso durante la cottura (p.e. pane) io sarei propenso a calcolare i nutrienti presenti nell'impasto, secondo la scheda ricetta, quindi pesare il prodotto finito e ricalcolare i nutrienti tenendo conto della perdita di acqua.

Questo lo farei su dati medi di quantità di impasto e dati medi di peso del prodotto finito.

Esisite qualche linea guida a riguardo e voi come vi comportereste?

Grazie


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Oggetto:

Il RegUE 1169/2011-art. 31 prevede l'eventualità solo futura  di qualche norma uniformatrice e di limiti di tolleranza.

Il tuo metodo è tra quelli previsti sia dal D.Lgs. 77/1993, sia dal RegUE 1169/2011.

Quindi puoi andare tranquillo.


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Oggetto:

Dato che ormai c'è, tanto vale fare riferimento al nuovo regolamento (art.31): 

 4. I valori dichiarati sono valori medi stabiliti, a seconda dei casi, sulla base: a) dell’analisi dell’alimento effettuata dal fabbricante; b) del calcolo effettuato a partire dai valori medi noti o effettivi relativi agli ingredienti utilizzati; oppure c) del calcolo effettuato a partire da dati generalmente stabiliti e accettati. 

La Commissione può adottare atti di esecuzione che definiscono norme dettagliate per l’attuazione uniforme del presente paragrafo per quanto riguarda la precisione dei valori dichiarati, ad esempio gli scarti tra i valori dichiarati e quelli constatati in occasione di controlli ufficiali. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 48, paragrafo 2.

Come saggiamente osserva trentino, le (eventuali) norme dettagliate appartengono al futuro, quindi è meglio affidarsi al buon senso ed all'esperienza. Nel nuovo regolamento non c'é (o almeno io non l'ho trovato) un riferimento analogo a quello presente nel 77/93 (Le quantità riportate devono essere quelle presenti nell'alimento al momento della vendita...), ma ciò non toglie che tale principio mantenga la sua validità anche nel "nuovo corso". Una cosa importante da ricordare è che il "momento della vendita" non è soltanto quello corrispondente all'acquisto da parte del consumatore, ma anche quello in cui, di norma, possono venire effettuati campionamenti e successive analisi da parte degli Organi di controllo i quali, ovviamente, non mancheranno di raffrontare i dati ottenuti con quelli dichiarati in etichetta.

Orbene, per i prodotti di cui parla cidrolin (prodotti da forno) non mi preoccuperei tanto del calo cottura, quanto dell'eventuale calo peso (funzione, ovviamente, del tipo di prodotto e di confezione) successivo  alla messa in commercio. Questa perdita di umidità può influire sui valori analitici? La cosa andrebbe valutata dal produttore, in modo da poter offrire valide ed oggettive giustificazioni a fronte di eventuali contestazioni. Per questo motivo raccomanderei (con buona pace degli indubbi maggiori costi) di non affidarsi completamente a calcoli teorici (lettere b e c del citato articolo 31), ma di approntare almeno qualche verifica analitica diretta sul prodotto finito, considerato nelle varie fasi della sua vita di scaffale. 


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Oggetto:

Caro Alfredo e Trentino,

vi ringrazio innanzitutto per le precisazioni e i commenti.

Per quanto riguarda il riferimento sulla fase cui riferire i valori nutrizionali la "vecchia" dicitura del 77/93 è ripresa anche nel nuovo regolamento, in particolare dall'art 31 comma 3 che riporta, "Il valore energetico e le quantità di sostanze nutritive di cui all’articolo 30, paragrafi da 1 a 5, si riferiscono all’alimento così com’è venduto. Se del caso, tali informazioni possono riguardare l’alimento dopo la preparazione, a condizione che le modalità di preparazione siano descritte in modo sufficientemente particolareggiato e le informazioni riguardino l’alimento pronto per il consumo."

Condivido le osservazioni sul calo di peso successivo alla commercializzazione.

Per quanto riguarda i "medoti" di calcolo non riesco bene a capire cosa significa il punto c) calcolo effettuato a partire da dati generalmente stabiliti e accettati. Io a meno di non ricorrere ad analisi ad hoc si cui al punto a) (analisi dell’alimento effettuata dal fabbricante) solitamente calcolo a partire dagli ingredienti prendendo come base i dati nutrizionali delle tabelle INRAN (http://www.inran.it/646/tabelle_di_composizione_degli_alimenti.html) che sono quindi "dati generalmente stabiliti e accettati" e al tempo stesso "valori medi noti o effettivi relativi agli ingredienti utilizzati". A cosa si riferisce allora esattamente il punto c)? Prodotti equivalenti nell'ingredientistica già messi in commercio? Qualche esempio pratico?

Ciao


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