Prima del 1962, il commerciante era tenuto a operare verifiche sulla propria merce, prima di porla in vendita, anche se questa gli era fornita in confezioni originali.
Le cose cambiarono radicalmente con l'entrata in vigore della legge 30 aprile 1962 n. 283, relativa alla disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande, ed in particolare con il suo articolo 19:
“Le sanzioni previste dalla presente legge non si applicano al commerciante che vende, pone in vendita o comunque distribuisce per il consumo prodotti in confezioni originali, qualora la non corrispondenza alle prescrizioni della legge stessa riguardi requisiti intrinseci o la composizione dei prodotti o le condizioni interne dei recipienti e sempre che il commerciante non sia a conoscenza della violazione o la confezione originale non presenti segni di alterazione."(cfr. Reati alimentari: le responsabilità del commerciante). Reati alimentari: le responsabilità del commerciante)
Ora, è innegabile che l'etichettatura sia un requisito estrinseco, quindi, in prima battuta, il venditore risponde della sua correttezza unitamente al fabbricante che l'ha redatta. Ci sono, però, a mio avviso, alcune discriminanti:
- la prima riguarda le caratteristiche del venditore (il grande centro commerciale non può essere equiparabile, quanto a competenze, alla povera vecchina che gestisce il piccolo negozietto)
- la seconda riguarda le eventuali carenze normative dell'etichetta: un conto è la mancanza di TMC/scadenza, altro è la presenza di ingredienti non ammessi (lo stesso art. 19 esclude "la composizione dei prodotti"), sebbene io, dal grande centro commerciale di cui sopra, mi attendo verifiche a 360 gradi.
Saluti!
alf