Indubbiamente, negli esempi citati da Antonio, l'uso del termine “naturale” deve rispondere a determinati requisiti: chi lo utilizza senza rispettarli compie senz'altro un operazione non consentita. Ma questo vale, appunto, per gli aromi e per le acque minerali.
Che non vi siano divieti generalizzati lo si può ricavare, ad esempio, dalla Circolare Ministero della Salute 25 luglio 2002, n. 4 pubblicata in G.U. 215, 13.9.02
“Si vuole richiamare l'attenzione sul fatto che il termine "naturale", con cui spesso vengono qualificati alcuni prodotti alimentari salutistici, non dà di per sé garanzie in termini di sicurezza d'uso o di effetti favorevoli per l'organismo perché, come noto, non tutte le sostanze naturali hanno proprietà benefiche. ...La pubblicità, inoltre, deve essere correlata alle indicazioni del prodotto riconosciute con l'etichettatura e non deve indurre a ritenere che la sicurezza e l'efficacia del prodotto medesimo sia dovuta al fatto che si tratta di una sostanza naturale. ”
Come si vede, l'unico divieto d'uso riguarda l'ingannevolezza, ma questo, si sa, è un pre-requisito valido per qualunque termine.
Nel caso del lievito, a mio avviso, l'uso del termine “naturale” è stato introdotto per indicare che l'attività esplicata è, diciamo così, di origine organica (“cellule in massima parte viventi”), a differenza di quanto accade allorché si usa il “lievito chimico” .
Precisazione, se vogliamo essere pignoli, inutile, dato che chi utilizza le polveri lievitanti (bicarbonato & C.) non può scrivere “lievito naturale” e neppure “lievito”, ma è obbligato alla menzione “agenti lievitanti”.