A mio avviso, il metodo che prevede l'impiego di dati di letteratura relativi agli ingredienti non è sempre applicabile. Esempio:
- maionese: in questo caso non ci dovrebbero essere problemi in quanto le fasi di lavorazione non influiscono sulla natura dei componenti (tuorlo, olio, limone, ...);
- prodotto da forno: quanto più il prodotto avrà formulazione complessa, tanto più, in cottura, la natura dei vari ingredienti ( e delle loro componenti nutrizionali) potrà cambiare, quindi il metodo b) risulterebbe quanto mai pericoloso.
La lettera c) è effettivamente poco chiara. Non ci aiuta G. De Giovanni:
Essi possono essere rilevati in base:
...
b) ai dati forniti da istituti specializzati, quali l'INRAN...
c) dalla letteratura scientifica (cioè idem, aggiungo io)
Una spiegazione, non saprei quanto fantasiosa, potrebbe essere la seguente.
Dato che il punto b) parla di "ingredienti", il punto c) potrebbe fare riferimento ai "prodotti finiti". Poichè le citate tabelle INRAN forniscono dati nutrizionali anche di prodotti finiti, qualcuno (in verità amante del rischio) potrebbe assumere che il suo, in buona sostanza, corrisponde a quello esaminato dall'Istituto. Tale pratica, peraltro, risulterebbe tanto più pericolosa quanto più complessa risulta la formulazione del prodotto. Un esempio può essere tratto dalla tabella inserita in questo articolo. Provate a raffrontare i valori con quelli che l'INRAN attribuisce alla categora "biscotti secchi" e tirate le vostre conclusioni.
Segnalo, infine, la circolare n. 7/2002 del MinSalute, la quale, pur riferendosi ai prodotti "dietetici", può fornire un utile riferimento per quanto riguarda precisione e tolleranze.